Covid-19, il nodo delle badanti straniere

Sabato 11 Luglio 2020
Covid-19, il nodo delle badanti straniere
IL CASO
PORDENONE I loro datori di lavoro sono le famiglie. Non hanno alle spalle aziende strutturate, non rientrano tra le categorie che durante l'emergenza sanitaria sono state scelte - in quanto considerate a rischio - per il programma di test a tappeto ogni 15 giorni, ma nella maggior parte dei casi provengono da Paesi che al momento non possono dire di aver tenuto l'epidemia sotto controllo. Sono le badanti (in Friuli Venezia Giulia se ne contano circa 13mila), un esercito oggi poco controllato che preoccupa le autorità sanitarie della Regione. Sotto la lente ci sono soprattutto le collaboratrici domestiche(e in alcuni sparuti casi i collaboratori) che quando è scattato il lockdown hanno fatto ritorno nei loro Paesi d'origine, salvo poi rientrare in Italia alla riapertura delle frontiere europee.
IL PROBLEMA
Dal 15 giugno, ad esempio, sono di nuovo possibili i collegamenti sia aerei che stradali con la Romania, Paese che rappresenta il più fruttuoso bacino da cui provengono le badanti che poi assistono gli anziani in Friuli Venezia Giulia. Le collaboratrici domestiche sono già rientrate in regione a centinaia: la minor parte in aereo, la stragrande maggioranza a bordo dei classici pullman che attraversano l'Est Europa per arrivare in Friuli. Ma nessuno ha stabilito per loro il tampone obbligatorio oppure lo screening sierologico. A spiegare quale sia la situazione sono oggi le principali agenzie che fanno da tramite tra le badanti e le famiglie: «Noi non possiamo obbligare le collaboratrici domestiche a sottoporsi al test diagnostico oppure agli esami sierologici. Non siamo i loro datori di lavoro. Appena rientrano dai Paesi d'origine facciamo un'opera capillare di informazione, consigliandole di rivolgersi a un medico per lavorare in sicurezza. Tutte sono collaborative e affermano di voler svolgere i test, ma non possiamo garantire un controllo in seguito al colloquio». Semmai sono i nuclei familiari che regolarizzano le badanti - e che quindi diventano datori di lavoro a tutti gli effetti - ad agire in autotutela e a far svolgere gli esami a chi poi si prende cura dei loro cari. Ma non è detto che ciò accada spesso, anche perché l'unico tampone possibile in questo caso è quello effettuato privatamente, dal costo che si aggira sui 70 euro. Il sistema sanitario pubblico, infatti, si mette in moto in caso di sintomi o di contatti accertati con pazienti positivi.
I RISCHI
Altre badanti sono rientrate dalla Moldavia (prima che il Paese entrasse nella lista nera del ministero della Salute), senza un effettivo controllo sull'isolamento fiduciario di 14 giorni imposto dal ministero della Salute. Altre ancora sono tornate dalla Croazia, Paese che fa parte dell'Unione europea, oppure dall'Ucraina, altro Stato che presenta una situazione epidemiologica peggiore di quella italiana. Il timore, espresso anche dal vicepresidente del Fvg, Riccardo Riccardi, è che alcuni casi di positività latente possano sfuggire al controllo e che eventuali persone infette entrino poi a contatto con gli assistiti, nella maggior parte dei casi le persone più fragili e quindi più esposte alle peggiori conseguenze che il Covid-19 ha dimostrato di poter generare. I rischi ci sono, la preoccupazione anche. Al momento quello che manca è un piano di screening intensivo per testare le collaboratrici domestiche.
M.A.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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