Api in vigna al posto della chimica

Sabato 15 Febbraio 2020
Api in vigna al posto della chimica
IMPOLLINATORI
PORDENONE Una conferma della tendenza a utilizzare sempre meno gli antiparassitari come il glifosato per le colture agricole e, in particolare, nelle vigne contrariamente a quanto recentemente dichiarato dai vertici della Coldiretti pordenonese - giunge, indirettamente, anche dagli apicoltori della Destra Tagliamento e del resto della regione. «Dall'anno scorso abbiamo avviato, in collaborazione con la Cantina sociale cooperativa di Casarsa, - afferma il presidente del Consorzio apicoltori pordenonesi, Elia Infanti una sperimentazione alla quale si stanno affiancando ora altri produttori. Si tratta del progetto Ape in vigna, altrove denominato Eno-Bee, che punta alla reintroduzione delle api nei vigneti, per diminuire drasticamente l'utilizzo di prodotti chimici, favorire l'impollinazione dei fiori e, di conseguenza, migliorare sia la quantità che la qualità della produzione vinicola, ma anche di quella mellifera, che potrebbe correre parallelamente alla commercializzazione di mieli con il marchio Api in Vigna. Anche alcune aziende, come Electrolux, hanno inserito nelle loro aziende gli alveari, ma questo più per una questione di immagine». Un convegno su questo argomento si era svolto, nell'ottobre dell'anno scorso, a Cormons, nel Goriziano, area in cui, in anticipo rispetto a Pordenone, sono partite le prime positive sperimentazioni. «Molte aziende spiega Infanti - si sono avvicinate al progetto e hanno accolto alcuni apicoltori con i loro alveari sui loro terreni. Altri produttori, invece, sono diventati essi stessi apicoltori».
INFERMIERI DELL'UVA
Le api sono una risorsa, non creano alcun danno alle vigne, anzi, succhiando gli umori dagli acini danneggiati da vespe o altri insetti e uccelli, o dalla grandine, riducono o impediscono la loro marcescenza e aumentano la qualità dei grappoli. Una proposta che sta interessando lo stesso Consorzio della Doc del Collio, ma anche altri consorzi di tutela. Il problema è che le api sono sempre più minacciate dall'agricoltura, in particolare da quell'agricoltura che continua a pensare che il profitto derivi dall'utilizzo sfrenato dei prodotti chimici nei campi. Ma senza le api e senza gli insetti impollinatori in genere, unitamente allo sfruttamento intensivo dei terreni, rischiamo di andare incontro ad anni di carestia o a dover pagare per l'impollinazione naturale, meccanica o manuale, come già avviene in molte serre in tutto il mondo.
Come evidenziato dal servizio L'ultima ape, andato in onda nell'ambito della trasmissione Presa diretta, lunedì 3 febbraio su Rai3, il 50% degli insetti impollinatori (api, bombi, farfalle, formiche e altri) è in serio in pericolo, si stanno infatti estinguendo a un ritmo otto volte più veloce di rettili mammiferi uccelli.
STRAGE DEGLI INNOCENTI
Secondo dati della Cia (Confederazione italiana agricoltori) ogni hanno vengono persi 2milioni di api in tutto il mondo e più di 200mila solo in Italia. «Se non ci fossero gli apicoltori - afferma Infanti - saremmo già all'emergenza, anche nella nostra regione. Per fortuna la tradizione sopravvive e, a fronte di un calo degli apicoltori censiti, fino a 4/5 anni fa, ora la tendenza si è invertita e ci sono tanti giovani che si interessano a questa attività seguono i corsi e avviano i loro alveari. Attualmente, in provincia di Pordenone abbiamo la maggiore densità di apicoltori in relazione all'ampiezza del territorio: sono oltre 8mila gli alveari e 451 gli apicoltori; in provincia di Udine gli alveari sono 14mila e 6.500 fra Trieste e Gorizia.
L'anno scorso, nel Nord della Francia ci sono apicoltori che hanno perso anche il 90% delle colonie. Per fortuna in Fvg la situazione non è ancora così drammatica. «Abbiamo subito una diminuzione della produzione mellifera, - spiega il presidente degli apicoltori - dovuta alla moria di migliaia di api, nel 2019, a causa del clima particolarmente freddo e piovoso della scorsa primavera, una moria che ha provocato seri danni soprattutto ai frutteti, facendone calare drasticamente la produzione. Durante l'inverno, però, gli apicoltori sono corsi ai ripari, alimentando con i residui di produzione o con mangimi che hanno dovuto acquistare, con costi che incidono poi sul prezzo di vendita, ricostituendo le colonie di api. Quest'anno, se non ci saranno particolari variazioni climatiche, si potrà ritornare alla produzione precedente. Per fortuna la Regione è intervenuta, per la prima volta, concedendo ai professionisti con partita Iva (meno del 30%) contributi per l'acquisto dei mangimi».
Franco Mazzotta
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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