Altre 380 imprese hanno chiesto di poter tenere aperto

Venerdì 27 Marzo 2020
Altre 380 imprese hanno chiesto di poter tenere aperto
LE IMPRESE
PORDENONE Il messaggio arrivato ieri dalla Prefettura di Pordenone è stato chiaro e perentorio: in piena emergenza sanitaria da coronavirus possono proseguire con l'attività lavorativa le ditte che fanno parte del servizio pubblico o delle filiere. Ma anche quelle il cui blocco degli impianti causerebbe troppe difficoltà alla ripresa economica e quelle strategiche (difesa). Scadevano ieri i termini delle aziende per presentare alla Prefettura le richieste per poter tenere accese le macchine. Imprese che devono applicare alle lettera il protocollo dei tredici punti sulla sicurezza e salute dei dipendenti. Alle 800 arrivate mercoledì, ieri se ne sono aggiunge altre 398, di cui autorizzate 325. Sette i provvedimenti di sospensione, un diniego per ditte strategiche e tre autorizzazioni per lo stesso motivo. In Prefettura sono già cominciate le verifiche in base alla documentazione presentate dalle aziende stesse. Un lavoro che proseguirà anche nei prossimi giorni e che al momento ha portato, tra l'altro, a chiedere a più di 300 imprenditori ulteriori garanzie e certificazioni per poter proseguirà nell'attività lavorativa.
Tra l'altro è stato istituito un gruppo di lavoro continuativo con le sigle sindacali e anche ieri mattina, a questo proposito, si è tenuta una riunione in videoconferenza alla quale hanno preso parte il prefetto Maria Rosaria Maiorino (in foto), il vice prefetto Alessandra Vinciguerra e i coordinatori provinciali di Cigl, Cisl e Uil. «In questo momento così delicato spiega Cristiano Pizzo, segretario provinciale della Cisl è fondamentale che tutti facciano la loro parte. I sindacati, in particolare, hanno aperto un tavolo di confronto con Confindustria Alto Adriatico e i contatti sono frequenti. Bene che ci sia un controllo sulle attività produttive, specie quelle a cui con troppa facilità è stato concesso di cambiare il codice Ateco (attraverso il quale è possibile stabilire la categoria di pertinenza di un'attività) ma ancor di più sui lavoratori. Lo dico credendo fermamente, anche in base alla segnalazioni ricevute, che sino a questo momento si sia guardato più alla produzione che alla salute della maestranze. Un atteggiamento che non va bene anche perché si è soprasseduto con troppa facilità alla misure di sicurezza imposte per i luoghi di lavoro». Pizzo, senza entrare nel dettaglio, parla di situazioni («già segnalate al Dipartimento di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro») in cui ai dipendenti «non erano state nemmeno fornite le apposite dotazioni (gel igienizzate e mascherine di protezione) e non venivano fatte rispettare le distanze minime di sicurezza (un metro tra una persona e l'altra). A quanto pare ora la situazione è decisamente migliorata ma non per questo abbasseremo la guardia».
Alberto Comisso
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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