Abusi e Islam imposto alla figliastra

Mercoledì 20 Marzo 2019
Abusi e Islam imposto alla figliastra
IL CASO
PORDENONE Ha accusato il patrigno di averla costretta per due anni a subire attenzioni di natura sessuale, di averla maltrattata e picchiata nel tentativo di trasformarla in una buona musulmana. La vicenda è maturata in una situazione familiare molto difficile e ha portato due coniugi che adesso vivono in Algeria - lei friulana convertita all'Islam, lui algerino - davanti al gup con l'accusa di violenza sessuale e, per entrambi, di concorso in maltrattamenti in famiglia.
IL PATTEGGIAMENTO
La coppia respinge le contestazioni mosse dal sostituto procuratore Federico Facchin. La donna, 39 anni, ha però deciso di non affrontare il processo: non vuole lasciare i figli minori da soli in Algeria per partecipare alle udienze e vuole evitare confronti dolorosi. È per questo che ha chiesto all'avvocato Silvio Albanese di patteggiare: la pena concordata con il pm è stata di 1 anno e 4 mesi (sospesa). Il marito, difeso dall'avvocato Luca Spinazzè, è stato invece rinviato a giudizio dal giudice per le udienze preliminari Monica Biasutti. La vittima, che adesso ha raggiunto la maggiore età ed è rimasta da sola in Italia, non si è costituita parte civile. Nella fase delle indagini, quando non aveva ancora raggiunto la maggiore età, le era stata nominata una curatrice speciale, individuata nell'avvocato Daniela Vaccher.
IL PATRIGNO
L'uomo ha sempre negato le accuse riconducendole all'astio che la figliastra nutriva nei suoi confronti. Gli accertamenti dei Carabinieri erano stati sollecitati da una segnalazione del Distretto sanitario. In seguito alle indagini era emerso che tra maggio 2015 e febbraio 2017 la ragazza era stata costretta a subire palpeggiamenti da parte del padre adottivo. Aveva raccontato di essere stata picchiata con schiaffi, pugni e calci. Di aver subito vessazioni psicologiche e morali sin dal 2010, quando aveva soltanto dieci anni. Di essere stata costretta a leggere il Corano, a recitare le preghiere, a osservare il Ramadan oppure a vestirsi con un abbigliamento che non contemplava minigonne, scollature o braccia scoperte. «Ti mando in Algeria!», la minacciava il patrigno definendola «puttana, stupida, bugiarda e persona inutile». In alcune occasione l'avrebbe minacciata anche di morte. Ciò sarebbe avvenuto nonostante la presenza dei fratellini minori.
LA MADRE
Alla madre si contestava di non aver impedito al marito di maltrattare la figlia convivente. Anche a lei, però, si contesta di aver indotto la figlia a seguire i dettami dell'Islam e di averla picchiata (tirandole anche una sedia). «Nessuno ha mai imposto alla ragazza la conversione - sottolinea l'avvocato Albanese - L'educazione era rigida, ma la figlia non è mai stata costretta a unirsi alle preghiere contro la sua volontà. Nè è stata mai costretta a portare il velo. Va tutto ridimensionato».
Cristina Antonutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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