Volontari in cella, una missione lunga 40 anni

Domenica 19 Gennaio 2020
Volontari in cella, una missione lunga 40 anni
IN COMUNE
PADOVA Una realtà unica per presenza, costanza, affidabilità. Capace di precorrere i tempi e fungere da esempio nell'intero panorama italiano. Capace di lasciare un segno indelebile in chi si trova a vivere l'esperienza del carcere, come detenuto o come operatore. É Ocv, l'associazione Gruppo operatori carcerari volontari che quest'anno celebra quarant'anni dalla fondazione. Mai data fu più propizia dal momento che lo storico traguardo cade all'esordio dell'anno in cui Padova è capitale europea del volontariato, e per festeggiare la onlus ha pubblicato Oltre le sbarre, presentato ieri a palazzo Moroni. Davanti a decine di volontari la presidente Ludovica Tassi ha accolto le figure più emblematiche della storia del gruppo. Ad aprire i lavori un emozionato vicesindaco: «Siete una realtà preziosa e unica, un orgoglio per la città con la vostra capacità di mettere in contatto la cittadinanza con una parte di comunità che esiste e va conosciuta, come quella del carcere - ha spiegato Lorenzoni - Grazie a voi possiamo creare una comunità matura e responsabile». «A Padova è iniziato molto, se non tutto, ciò che riguarda il volontariato in carcere - esordiva Giovanni Tamburino, coordinatore nazionale dei magistrati di sorveglianza che per decenni ha lavorato in città - Alcuni volontari supportavano i detenuti già prima della riforma penitenziaria del 1975, specie nello studio universitario oggi fiore all'occhiello del carcere padovano con quasi cinquanta iscritti all'ateneo. Il volontariato padovano fa proprie due caratteristiche: preparazione e continuità. È un gruppo strutturato, preparato, che sa avere uno sguardo oggettivo e per questo ha saputo durare nel e integrarsi con le istituzioni». Per Tamburino il volontariato è rappresentato da una metafora: «È il ponte sul fossato tra due città. L'elemento che segna la distinzione tra due realtà diverse ma non la loro separazione». Applicare con successo la funzione rieducativa che il carcere dovrebbe avere non è cosa semplice e proprio questo è lo scopo dei volontari Ocv. Molteplici le iniziative in cui supportano i detenuti, dai corsi di cucina, teatro e bricolage fino alla scuola e all'università. «Un costante e invisibile esercizio di umanità che sa fungere da esempio al detenuto dimostrandogli che è possibile accogliere chi ha sbagliato, spendendo gratuitamente il proprio tempo e senza giudicare» ha ricordato Giovanni Maria Pavarin, successore a Padova di Tamburino, anticipando il presidente onorario e fondatore di Ocv Giorgio Ronconi nel ricordo dell'indimenticata Bianca Maria Bichi Vianello. «Il volontariato si è avvicinato ai carcerati in città fin dagli anni Sessanta con l'associazione San Vincenzo, partita dagli aiuti ai vagabondi che spesso avevano patito periodi di detenzione - ha ricordato Ronconi - Dopo la nascita di Ocv nel 2003 siamo arrivati ad avere il polo universitario in carcere e oggi abbiamo oltre 70 volontari». Inusuale per l'incredibile presenza e costanza Ocv lo è anche per Claudio Mazzeo, direttore della casa di reclusione padovana, ma il segno più profondo lo ha lasciato in Marzio Casarotto e Roberto Conacchiari, che dietro le sbarre hanno trascorso una fetta di vita. «In quei periodi bui mi hanno fatto capire che un futuro esiste, che dovevo darmi degli obiettivi» spiega Marzio. «Non giudicano, diventano gli unici che si accorgono di bisogni piccoli, banali, ma importanti, come la data del tuo compleanno. Sono una famiglia che non ringrazierò mai abbastanza per aver dato la voglia di studiare e lavorare» gli fa eco Roberto.
s.d.s.
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