Valvole killer, l'Azienda: «I soldi vanno restituiti»

Giovedì 14 Dicembre 2017
Valvole killer, l'Azienda: «I soldi vanno restituiti»
CASO TRI TECH
PADOVA Centomila euro da restituire, frutto della provvisionale più gli interessi maturati, incassati come risarcimento danni per la morte di suo marito, la prima delle vittime delle valvole killer Tri Tech: uno choc per Margherita Sambin, vedova di Antonio Benvegnu'. L'assegno, la sessantanovenne pensionata, dovrebbe staccarlo - intima l'Azienda ospedaliera per il tramite dell'Agenzia delle entrate - entro il primo febbraio.
Prima il coniuge deceduto, ora il rischio di perdere la casa, che potrebbe essere pignorata se la donna non estinguerà quello che è diventato un debito.
Ma l'Azienda ospedaliera rigetta il ruolo della cattiva e ripercorre la storia della vicenda giudiziaria, anche per sottolineare «come l'azione dell'Ente pubblico sia sempre stata conforme ai provvedimenti emessi nelle varie sedi giurisdizionali».
«Con sentenza n. 1544 del 9 giugno 2008 - ricorda l'Ospedale - l'Azienda era stata condannata dal Tribunale penale di Padova a versare in solido con altri, quale responsabile civile, per la responsabilità del medico (il professor Casarotto, ndr), varie somme di denaro a titolo di provvisionale a favore dei pazienti o dei loro congiunti per i fatti delle valvole Tri-Tech. In esecuzione di tale sentenza si provvedeva quindi ai pagamenti concordando però con le parti dei versamenti in parte qua, in attesa della decisione penale definitiva».
Successivamente la sentenza di primo grado è stata riformata dalla Corte d'appello di Venezia, prima sezione penale, con la sentenza n. 157 dell'8 febbraio 2010, che ha assolto il professor Casarotto per i reati di lesioni colpose e omicidio colposo ed escluso la responsabilità civile dell'Ospedale. La decisione è stata poi confermata dalla Corte di cassazione che, con sentenza n. 781 del 4.5.2011, ha irrevocabilmente escluso la responsabilità civile dell'Azienda ospedaliera, facendo venire meno definitivamente il titolo che aveva giustificato l'esborso. «Peraltro, tutti i beneficiari delle somme, con gli accordi anzidetti, si erano anche impegnati espressamente (con accordo sottoscritto) alla restituzione delle somme con gli interessi legali, se alla fine del processo penale le somme date dall'Ospedale fossero risultate non dovute dallo stesso, come in effetti è avvenuto. L'impegno non è stato rispettato e l'Ente pubblico per ottenere la restituzione delle somme si è rivolto nuovamente al giudice ottenendo dal Tribunale i decreti ingiuntivi».
Tutte le persone che avevano ricevuto le somme si sono opposte al decreto ingiuntivo e hanno promosso una nuova causa civile contro l'Ospedale per far valere la responsabilità civile della struttura sanitaria per diverso titolo. Tutte le domande risarcitorie sono state respinte dal Tribunale e sono stati confermati i decreti ingiuntivi che sono stati dichiarati esecutivi. Anche la Corte di appello per alcuni casi si è già espressa, escludendo la responsabilità civile dell'Azienda ospedaliera. Alcune posizioni sono diventate definitive non essendo stata proposta impugnazione.
Nel caso della signora Margherita Sambin, sottolinea il direttore generale Luciano Flor «la responsabilità civile dell'Ospedale è stata esclusa in sede penale dalle sentenze citate ed è stata esclusa in sede civile, per il diverso titolo invocato, dal Tribunale di Padova con sentenza n. 1922/2016, che ha dichiarato il decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo. La Corte d'appello di Venezia con ordinanza di qualche mese fa non ha ritenuto sussistere i presupposti per sospendere l'esecutività della sentenza. L'Ospedale, così come aveva effettuato i versamenti in forza di un titolo giudiziario, ha richiesto la restituzione in forza di provvedimenti giurisdizionali».
Federica Cappellato
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