«Una vita per gli altri, scala la vetta più alta»

Venerdì 20 Settembre 2019
I FUNERALI
MONSELICE Una cerimonia toccante, ma sintetica e concreta come ben si addice a un amante delle montagne. L'ultimo saluto a Michele Chinello, il 51enne infermiere del Suem e istruttore del soccorso alpino morto venerdì scorso durante una scalata sul Sass Maor, è stato dato ieri mattina in un'affollatissima chiesa del Redentore, a Monselice. Vi hanno preso parte i familiari, gli amici, i colleghi del Suem, in divisa, e i compagni del soccorso alpino, con la giacca di ordinanza. La bara di legno chiaro ha fatto il suo ingresso adornata con gli oggetti più utilizzati nella quotidianità da Michele, che era un alpinista esperto: due caschetti, una corda, due moschettoni.
L'OMELIA
«Michele ha compiuto la sua ultima scalata verso il Signore ha esordito don Damiano Santiglia Lo accompagniamo con la nostra fede, lo accompagna il bene che ha fatto». Toccanti le parole scelte da don Damiano per l'omelia, così come quelle del concelebrante don Gabriele, capaci di raccontare un uomo generoso e altruista, sempre pronto a mettere gli altri davanti a se stesso. «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Non c'è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici ha cominciato don Damiano riprendendo alcuni passaggi delle letture - Oggi siamo qui per ricordare tutti insieme che queste parole forti il nostro amico Michele le aveva comprese in maniera quasi istintiva. E ora, in questo apparente silenzio, ci sta parlando. Ci dice che una vita senza valori, senza amore per gli altri, è anche una vita senza sapore, vuota. Come diceva Gesù, vi è più gioia nel donare che nel ricevere». Il sacerdote ha spiegato: «Ho pensato a tutto questo proprio mentre leggevo i giornali questa settimana. Michele è stato un grande dono per la nostra comunità. Soprattutto per la città di Padova. Chissà cosa potreste dire voi, i suoi amici, voi che avete condiviso con lui tante esperienze forti. Dovreste essere voi a dire bene di lui davanti a Dio. Non ci si improvvisa eroi, soprattutto nel quotidiano, nella normalità delle cose. Ma i suoi gesti coraggiosi per salvare vite nelle difficoltà, al Suem e anche nel soccorso alpino, ci dicono che Michele era nato non per fare l'eroe, bensì per esserci semplicemente nei momenti in cui la vita degli altri era in pericolo, quando c'era bisogno di lui. L'infermiere Michele, perché questo era il suo lavoro, aveva avuto da sempre questo desiderio di donare tempo, energia, molta parte della sua vita per gli altri, non semplicemente per sé stesso».
IL DOLORE
Ha concluso don Damiano: «Ho conosciuto Michele, attraverso le parole dei suoi amici, come una persona amante delle cose belle. Sapeva apprezzare la bellezza della natura, dono di Dio. Questo avveniva soprattutto nel tempo libero, perché Michele sentiva che la sua vita era nel soccorrere gli altri, nel non rifiutare la mano a chi era in difficoltà. Noi oggi siamo qui per dire grazie al Signore per averci donato Michele: una persona che spesso in silenzio, senza fare notizia, come fosse una cosa normale, ha compiuto il suo lavoro. Credo che in questo momento di sofferenza immensa per i suoi familiari e amici possa essere di consolazione pensare che Michele davanti a Dio non è arrivato a mani vuote, e nemmeno impreparato. Senza magari rendersene nemmeno conto, ha vissuto il Vangelo nella concretezza della vita di tutti i giorni. Donando amore e serenità. Vorremmo pensarlo intento a scrivere un altro libro, il più bello. Fatto di azioni luminose, generosità e di vita donata per gli altri».
Camilla Bovo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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