Scandalo obitorio, chiesto il giudizio per 42

Sabato 20 Ottobre 2018
Scandalo obitorio, chiesto il giudizio per 42
L'INDAGINE
PADOVA Il business del caro estinto è finito davanti al Gup Domenica Gambardella, dopo l'avvenuta richiesta di rinvio a giudizio per 42 persone da parte del sostituto procuratore Maria D'Arpa, titolare delle indagini. Il giudice per l'udienza preliminare si esprimerà il prossimo 13 dicembre, anche su l'eventuale derubricazione del reato a concussione per induzione. Al momento tutti gli indagati sono accusati a vario titolo dei reati di concorso in corruzione contrario ai doveri d'ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, falso ideologico in atto pubblico e truffa ai danni dell'ospedale.
LE MAZZETTE
Tra il 2014 e il 2015 il sistema corruttivo è stato adoperato in almeno una quarantina di occasioni, tante infatti sarebbero le salme oggetto di false autocertificazioni di conformità, stando a quanto accertato dalla polizia giudiziaria della Procura. Dipendenti ospedalieri e titolari delle agenzie di pompe funebri sono stati intercettati e filmati, anche nel momento in cui intascavano e pagavano le mazzette. Secondo l'accusa il redditizio business avrebbe consentito a ciascun addetto all'obitorio di intascare dai quattro ai cinquemila euro all'anno. A dare il via alle indagini erano stati tre esposti presentati da familiari di altrettanti defunti. I congiunti si erano rifiutati di sottostare all'accordo tra addetti all'obitorio e responsabili delle pompe funebri. Non avevano pagato e, ancora secondo l'accusa, i loro cari non erano stati sbarbati e neppure rivestiti. Il servizio di preparazione della salma in vista del funerale costa 80 euro. È una cifra che l'agenzia di pompe funebri incaricata dalla famiglia dovrebbe versare all'Azienda ospedaliera. Gli operatori socio sanitari, in accordo con gli impresari, si sarebbero fatti consegnare 50-60 euro per morto, avrebbero regolarmente sbarbato e rivestito il defunto per poi certificare falsamente che la salma era arrivata già pronta per essere adagiata nella cassa. In altre parole i congiunti del deceduto pagavano le pompe funebri che allungavano a loro volta la mazzetta, in media tra i 50 e gli 80 euro al colpo, agli addetti all'obitorio. Chi ci rimetteva era soltanto l'Azienda ospedaliera.
LA TRUFFA
Era un giochetto di estrema semplicità quello venuto a galla grazie alle denunce dei familiari di tre defunti, che si erano rifiutati di sottostare al patto corruttivo. Gli addetti alle salme e le imprese funebri amiche avevano trovato il modo di aggirare il pagamento della tariffa per prestazione di servizio obitoriale: ottanta euro a carico delle famiglie per la preparazione e vestizione del defunto in vista del funerale. Bastava compilare un modulo di autocertificazione per gli uffici amministrativi dell'Azienda ospedaliera. Si dichiarava la conformità delle salme facendo cadere l'obbligo di pagamento della tariffa. In cambio di questo servizio di favore gli addetti all'obitorio in turno al momento dell'arrivo di una salma o dello scarico di una cassa si facevano consegnare la mancia direttamente dai titolari delle onoranze funebri. Un sistema consolidato nel tempo grazie ad una montagna di false certificazioni che hanno finito per produrre un danno economico alle casse dell'Azienda sanitaria.
Marco Aldighieri
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