Riciclaggio, così si difende Vazzoler: «Giudici, tutto il mondo è matematica»

Giovedì 27 Giugno 2019
TRIBUNALE
PADOVA Maglia nera a girocollo con le maniche corte, jeans. E molta scioltezza davanti ai giudici del Tribunale collegiale, presieduto da Nicoletta De Nardus. Alberto Vazzoler, dentista e finanziere d'assalto, ma secondo l'accusa riciclatore professionista, vuole fare una dichiarazione spontanea per togliersi di dosso le accuse. Ma forse, non ha capito, esattamente, dove si trova. Ad un certo punto si alza e va a prendersi una bottiglietta d'acqua dal tavolo degli avvocati. Dichiarazioni spontanee che non hanno niente a che fare con i capi d'imputazione. Più volte il pubblico ministero D'Angelo si rivolge alla presidente del collegio. E la presidente De Nardus lo fa notare all'imputato. Vazzoler parla di morti in famiglia, di malattie, dell'arresto avvenuto un anno fa. E racconta ai giudici che il suo primo difensore voleva farlo patteggiare. No, lui non si sente in colpa di nulla. Con due frasi spiega ai giudici («Vi prego di prestare molta attenzione») che lui non ha mai riciclato denaro. Erano soldi puliti all'estero che gli davano da investire. E ha parlato di banche e di numeri. La sua dichiarazione spontanea finisce con toni mezzo filosofici: «Non dobbiamo disturbare Pitagora, tutto il mondo è matematica».
Ma come funzionava la macchina del riciclaggio costata a Vazzoler e soci l'accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale? Secondo l'accusa, il cliente contattava lo studio del bergamasco Marco Remo Suardi o dello svizzero Albert Damiano. Era aperto un conto nella Repubblica Ceca o Slovacca a suo nome dove confluiva il danaro proveniente dalla Svizzera tramite bonifico. Da lì il trasferimento dei soldi in un conto a Dubai intestato a una società creata da Vazzoler e soci. La giustificazione? Acquisto di lingotti d'oro.
Lino Lava
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