Quella telecamera nascosta in cucina

Giovedì 26 Novembre 2020
LA TRAGEDIA
CADONEGHE Il sangue, l'orrore della violenza, la tenerezza per quei bimbi rimasti senza madre. E l'incubo di una donna controllata, addirittura con una telecamera nascosta, dal marito geloso, poi diventato il suo carnefice.
Da ieri gli abitanti di Cadoneghe sono sotto choc. Ancor di più coloro che conoscevano la mamma marocchina assassinata brutalmente. «Siamo sconvolti. Il nostro pensiero è per quelle tre creature innocenti che ora si trovano senza la mamma e con il papà in carcere». Queste le prime parole della proprietaria dell'appartamento della palazzina di via Piave dove il 39enne Abdelfettah Jennati ha ucciso con una coltellata al cuore la moglie Aycha Abioui.
«Lei era una donna stupenda, una persona solare, sempre gentile e sorridente. Con noi non si è mai confidata, i rapporti li avevamo con lui perché ci sentivamo per il pagamento dell'affitto ed eventuali riparazioni che c'erano da fare in casa».
LA GELOSIA
Anche i proprietari sapevano che la coppia aveva dei problemi, legati alla gelosia morbosa del marito. Ed era stato proprio lui a dire loro che Aycha se n'era andata di casa con i bambini. «Ci aveva detto che era andata da un'amica qualche tempo fa e poi, da quello che mi ha detto lui prosegue il marito della proprietaria -, le cose si erano risolte e si era tutto ricomposto. Ma lui era morboso verso la moglie. Tanto che aveva fatto installare una telecamera sul lampadario della cucina per controllarla».
Ad avvisarli della tragedia è stata la donna che abita nella casa di fronte alla palazzina, che verso le 4.30 di ieri mattina è uscita con la cagnolina in giardino e ha visto le auto dei carabinieri. «Abdel mi aveva fatto vedere la querela della moglie racconta e mi aveva chiesto un consiglio: Secondo te cosa devo fare? . Siccome lui mi aveva detto che tutto si era ricomposto, allora gli ho consigliato di far ritirare la querela e così tutto si sarebbe risolto. Ma evidentemente non era così. L'ultima volta che l'ho sentito è stata la settimana scorsa: mi ha avvisato che c'era un'infiltrazione nell'appartamento e dovevo venire proprio in questi giorni a vedere. Aycha non lavorava però le avevamo proposto di fare le pulizie delle scale condominiali, così avrebbe poturo guadagnare qualcosa per la famiglia, e lei aveva accettato. Ancora non riesco a credere che lui l'abbia uccisa».
IN COMUNE
La famiglia Jennati era conosciuta dai servizi sociali da quasi due anni, da quando cioè si era trasferita a Cadoneghe dalla Sicilia, in particolare per problematiche di natura economica in quanto Aycha non lavorava e Abdel aveva impieghi saltuari. Il Comune l'anno scorso ha dato un contributo di 300 euro per una morosità legata alla mensa scolastica e 435 euro per la bolletta del gas. La coppia era stata anche indirizzata alla Caritas e qui aveva ricevuto un sostegno economico e le borse della spesa. A ottobre Aycha aveva chiesto una casa al Comune, questodopo aver denunciato il marito per maltrattamenti. A questo punto era stata messa in contatto con il Centro Veneto Progetto Donna di Padova, per avere una tutela legale ed un sostegno psicologico. Era stata inserita nella lista d'attesa per avere un alloggio e intanto si era trasferita da un'amica.
IL SINDACO
Cordoglio da parte del sindaco di Cadonegge: «Una preghiera dal profondo del cuore per Aycha Abioui, nostra concittadina vittima questa notte della violenza omicida del marito Abdelfettah ha detto addolorato Marco Schiesaro - Era una donna che amava e cercava la libertà, per lei e per i suoi tre bambini, e aveva deciso di allontanarsi da quell'uomo che la considerava una sua proprietà. Recentemente Aycha aveva scelto di rientrare a casa insieme ai figli, credendo forse alle scuse e alle promesse di quell'essere meno che umano. Il nostro primo dovere è ora verso i bambini, che frequentavano le nostre scuole. Ci prenderemo cura di loro nel modo migliore possibile, con l'aiuto di tutta la comunità di Cadoneghe, di cui fanno e faranno sempre parte. Ogni altra parola sarebbe di troppo, in questo momento, di fronte a un dolore così grande».
Lorena Levorato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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