Pp1: niente cantieri per un anno

Mercoledì 23 Maggio 2018
Pp1: niente cantieri per un anno
LA PARTITA
PADOVA Non sarà una cosa semplice. E soprattutto immediata. Per sanare il buco urbanistico provocato dalla crisi dell'edilizia che ha portato alla paralisi del progetto Pp1, ovvero i cottages di città e i due grattacieli immaginati nell'area davanti all'ex Boschetti dove un tempo parcheggiavano le corriere, ci vorrà almeno un anno. E nel frattempo Comune e forze dell'ordine dovranno trovare una strada perché quel terreno non si rafforzi come base dei disperati in cerca di droga o di qualsiasi riparo.
I FALLIMENTI
La vicenda infatti è terribilmente complicata. Tutto parte dalle crisi che ha travolto cinque delle sei maggiori imprese edili che avevano cullato il sogno di un progetto straordinario, acquistando quel terreno nel 2004 dal Comune per 30 milioni. L'unica sana oggi è la Tiemme di Camposampiero, della famiglia Marcon. Ma la società Progetto Pp1 snc dopo la liquidazione di tutte le altre è affidata alle cure del tribunale a cui ha chiesto il concordato preventivo. A dire la verità nel 2015 c'era stato un tentativo concreto da parte di Autodromo Italia srl di cui erano soci al 50 per cento Alberto Pedrina manager del settore immobiliare e Agostino Candeo della Agelsu srl. Era pronta una variante al Piano urbanistico che avrebbe adattato ai tempi il primo faraonico progetto ma la Provincia che ha una parte del terreno (5mila metri) e possiede 40mila metri cubi non l'ha mai approvato. Scaduto il termine delle garanzie così la società si è ritirata. E sono rimasti in piedi i debiti.
IL NUOVO TENTATIVO
Ora ci riprova una newco Antenore srl costituita appositamente per acquistare i crediti del Pp1, diventando a sua volta socio unico e unico creditore. Dietro c'è (ma non è solo) il Consorzio Pedron di Villa del Conte, costituito da tre aziende, che sta partecipando anche alla realizzazione del centro congressi.
Il secondo passo sarà di intervenire abbattendo il capitale e ricostituendolo mediante la rinuncia dei crediti verso la Pp1 che in questo ritornerebbe, come si dice, in bonis e potrebbe chiedere l'uscita dal concordato rimettendosi in pista e non ci sarebbe nemmeno più bisogno di vendere l'area all'asta. A questo punto le strade sarebbero due. La formazione di un Ati con altre imprese per far ripartire il progetto o rivendere il credito acquisito a un compratore.
Attenzione però. I creditori sono: il Comune che avanza 12 milioni di euro del terreno venduto, fra saldo non ancora incassato e lavori di bonifica del suolo fatti da Aps. La Cassa di Risparmio per 10 milioni più tre dovuti all'istituto dalla Edil Basso e altri 30 fornitori di materiale e servizi per 35 milioni complessivi.
In queste settimane emissari di Antenore sono passati dai creditori cosiddetti minori facendo una proposta che più o meno chiude la partita con il 50 per cento. Non si sa ancora cosa farà il Comune con il quale bisogna firmare un accordo di subentro e una parte del credito deve esser valorizzata con la bonifica. Mentre le trattative avanzano con la banca.
IL PROBLEMA
Però non è questo il punto focale. L'area è sottoposta ad un piano urbanistico, il famoso piano Podrecca che prevedeva appunto uno sviluppo di condomini e grattacieli. Chiunque voglia modificarlo, proponendone un altro in Comune, ha bisogno dell'accordo con la Provincia che è sempre proprietaria di una parte. L'obbligo infatti è realizzare un piano unitario. Ma la Provincia che ha messo per sei volte all'asta la sua fetta, stimandola all'inizio 16 milioni e non riuscendo a venderla dopo una perizia, nemmeno ad 8, il 30 marzo scorso, ha sempre nicchiato: nessuna trattativa con i privati su beni pubblici. Però chi compra non può farlo a quella cifra perché andrebbe fuori mercato con la rendita delle costruzioni future rispetto all'investimento, gravato già da almeno 15 milioni.
LA SOLUZIONE
Dunque bisogna attendere maggio 2019 quando il vecchio piano urbanistico scadrà. Solo allora un attore proponente che abbia il 51 per cento della rendita e il 75 per cento delle aree potrà chiedere una nuova perimetrazione che lasci fuori la zona della Provincia (che oggi ha il 28 per cento). Oppure il privato dovrebbe convincere l'ente promettendo una sistemazione dei suoi volumi con un secondo stralcio in cambio della firma sul piano di lottizzazione. Sempre che il Comune sia d'accordo e non si sogni di tornare al vecchio prg: tutto a verde. Ecco perché Giordani parla sempre di una situazione quasi inestricabile.
Mauro Giacon
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