LOTTA ALL'ISIS
PADOVA Echi Taoufik in carcere cercava di passare inosservato,

Domenica 21 Gennaio 2018
LOTTA ALL'ISIS
PADOVA Echi Taoufik in carcere cercava di passare inosservato, tenendo un basso profilo. Il tunisino, espulso l'altro giorno perchè inneggiava all'Isis e alla jihad, era silenzioso, guardingo e non ha mai manifestato attacchi d'ira o di violenza proprio per non attirare l'attenzione su di sé. Così lo ricordano gli agenti della Penitenziaria del Due Palazzi che l'hanno tenuto sotto stretta osservazione. Se questo fosse davvero il suo carattere, nessuno sa dirlo. «Si comportano così quelli che hanno qualcosa da nascondere - spiega un poliziotto della casa di reclusione padovana - vogliono passare sotto traccia per non essere isolati o controllati». E scoprire, nonostante il loro comportamento esemplare dietro le sbarre, i soggetti a rischio, gli islamici radicalizzati che possono diventare punto di riferimento religioso estremista per altri carcerati, è compito proprio della Penitenziaria, cui va il merito di aver scoperto la potenziale pericolosità di Taoufik che nella sua cella nascondeva disegni di armi e della torre Eiffel sovrastata dall'angelo jihadista della morte. A plaudire all'operato degli agenti sono Giampietro Pegoraro, coordinatore regionale Cgil penitenziari, e Francesco Mattia Loforese segretario regionale Sinappe. Il primo, però, denuncia una carenza di formazione: «Rispetto a qualche mese fa sono stati attivati dei corsi e dei seminari sull'argomento, ma sicuramente non bastano. Ecco perché quello che è successo è ancor più motivo d'orgoglio per noi. I nostri agenti sono riusciti a individuare questo soggetto nonostante i pochi strumenti messi a disposizione. Questo perché si preparano e studiano l'argomento per loro volontà. Avere un supporto in più, però, sarebbe meglio».
Secondo Pegoraro agli operatori dell'istituzione carceraria non stati forniti ufficialmente sufficienti strumenti per capire le diverse sensibilità, per prevenire atteggiamenti di fanatismo e per evitare che i soggetti più fragili si facciano affascinare da predicatori che riescono a far proselitismo proprio nei luoghi della detenzione, dove regna il disagio e l'isolamento sociale. «L'individuazione dei soggetti pericolosi avviene attraverso lo studio del loro comportamento, in collaborazione anche con le altre forze dell'ordine. Chi si pone come guida spirituale, come imam, ha un certo ascendente sugli altri detenuti musulmani. Figure come queste devono essere tenute d'occhio costantemente». Bisogna avere la sensibilità di capire chi è davvero pericoloso e chi no: «Pregare Allah non è di certo la scriminante. C'è una bella differenza tra chi è un semplice credente e chi è un fanatico. Ed è questo il compito degli agenti: leggere tra le righe e individuare l'integralista» precisa Pegoraro.
Per Loforese questa è una grande responsabilità: «È un ruolo molto delicato che svolgiamo con professionalità e attenzione. Sicuramente se l'amministrazione penitenziaria disponesse di ulteriore formazione, questo ci aiuterebbe nel nostro lavoro».
Marina Lucchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci