LEGNARO
Ha cercato di entrare in Corte d'appello, a Venezia, nascondendo un taser,

Domenica 16 Giugno 2019
LEGNARO
Ha cercato di entrare in Corte d'appello, a Venezia, nascondendo un taser, una pistola che fa uso di scariche elettriche per paralizzare i movimenti del soggetto colpito facendone contrarre i muscoli.
È accaduto mercoledì mattina, in occasione dell'atteso processo a carico di Walter Onichini, il macellaio trentottenne di Legnaro (Padova), accusato di tentato omicidio nei confronti di Elson Ndreca, il ventinovenne albanese che, nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2013, fu sorpreso nel cortile mentre stava cercando di rubargli la vettura, dopo aver già razziato portafogli e soldi all'interno dell'abitazione.
IL FATTO
La notizia è trapelata ieri, quando il responsabile, un uomo residente a Reggio Emilia, è stato denunciato dai carabinieri per porto abusivo di arma: ora spetterà alla Procura svolgere le indagini per capire per quale motivo volesse entrare armato in un palazzo giudiziario. All'ingresso, tra l'altro, campeggia un cartello nel quale è scritto chiaramente che non si possono introdurre armi o altri oggetti atti ad offendere: portare con sè pistole elettriche, tra l'altro, è vietato in termini assoluti.
Al personale che lo ha fermato e scoperto, nel corso di un normale controllo con il metal detector, l'uomo si è limitato a spiegare di avere sempre il taser per utilizzarlo con gli animali. Una versione che non ha convinto i carabinieri. La pistola elettrica è stata posta sotto sequestro.
L'uomo ha quindi assistito al processo a carico di Onichini, restando al fianco dell'imputato e conversando con lui durante le lunghe ore necessarie ad attendere la sentenza, pronunciata a metà pomeriggio.
A quanto risulta non è un suo amico, ma appartiene ad un gruppo di sostenitori dei commercianti che, negli ultimi anni, sono finiti sotto processo per episodi simili a quello di Legnaro.
LA SENTENZA
Mercoledì è stata confermata la condanna di Onichini a 4 anni e 11 mesi di reclusione per tentato omicidio, nonché al risarcimento del danno provocato al ladro.
La Corte ha spiegato che, in base alla dinamica dei fatti, non può essere invocata la legittima difesa, anche putativa, ovvero che il macellaio abbia sparato perché sotto la minaccia dei malviventi, reale o solo percepita. Il ladro, infatti, è stato prima colpito da un colpo di fucile mentre si trovava all'interno dell'auto che voleva rubare; poi all'esterno, di spalle, mentre stava cercando di scavalcare il cancello, dopo aver urlato di non sparare.
Quindi Onichini ha caricato il ladro ferito in auto e lo ha abbandonato a qualche centinaia di metri di distanza, dove più tardi è stato rinvenuto casualmente da un passante. Nel frattempo ha fatto rientro a casa e, prima dell'arrivo dei carabinieri, chiamati dai vicini, ha iniziato a cancellare le tracce di sangue.
Onichini ha sostenuto di aver sparato credendo che stessero rapendo il figlio, e di aver abbandonato il ladro, che voleva portare in ospedale, in quanto minacciato con un cacciavite, ma la Corte non gli ha creduto.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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