LE REAZIONI
PADOVA Gli assembramenti del Pride village hanno fatto salire sugli

Venerdì 3 Luglio 2020
LE REAZIONI
PADOVA Gli assembramenti del Pride village hanno fatto salire sugli scudi il centrodestra. «A questo punto urge una legge sull'eterofobia - dice l'assessore regionale alle Attività produttive Roberto Marcato -. Se un barista etero viene pizzicato con quattro clienti senza le mascherine, gli chiudono il locale. Se una signora di 87 entra in un bar per bersi una caffè a volto scoperto la multano. Se, invece, migliaia di ragazzi si ammassano al Pride, senza mascherine e a pochi centimetri l'uno dall'altro, non succede assolutamente nulla e chi si permette di far presente che così non si fa, rischia di essere bollato come omofobo. Io voglio essere molto chiaro su una cosa. Gli organizzatori del Pride fanno benissimo ad organizzare la loro manifestazione, io non ho pregiudizi di sorta e penso che lo Stato non debba mettere il naso nelle camere da letto. Dirò di più, a me il ponte arcobaleno piace parecchio. Detto questo, però, le regole devono valere per tutti. È inutile che i responsabili della manifestazione ci ripetano che misurano la temperatura a tutti quelli che entrano in fiera, il problema è il distanziamento sociale che, evidentemente, l'altra sera al Pride Village non è stato rispettato. Credo che su questo dovrebbe intervenire anche il sindaco Giordani. In Veneto ci sono ancora dei focolai di Covid e comportamenti del genere sono ad altissimo rischio. Un altro lockdown non ce lo possiamo permettere. Il Veneto non sarebbe in grado di sopportarlo. Quindi, mi appello al senso di responsabilità di tutti».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche la capogruppo di Cambiamo!, Eleonora Mosco: «In questi mesi sono morti oltre 2000 veneti. Potevano essere il nostro compagno di corso all'università, nostra zia o nostro figlio. L'esperienza passata avrebbe dovuto già scuotere le nostre coscienze. Evidentemente non lo è stato per tutti. Lo dicono i dati: 462 casi attualmente positivi. Lo dicono le immagini anche di ieri sera. Un altro lockdown sarebbe letale per l'economia della nostra città. Non possiamo permetterci di rivivere quello che abbiamo già vissuto. Rivolgo, quindi, un appello alla mia generazione perché non si renda complice con comportamenti irresponsabili, di un'altra prossima chiusura forzata, che non si renda complice della morte di altre persone non solo di coronavirus ma anche di fame».
Va giù duro anche il presidente dell'Associazione commercianti del centro storico Massimiliano Pellizzari che, ieri mattina, ha incontrato anche l'amministratore delegato di Padova hall Luca Veronesi: «Purtroppo, l'impressione è che in città si usino due pesi e due misure. Da un lato, infatti, si multa e si fa chiudere un bar perché un paio di camerieri si sono abbassati la mascherina. Dall'altro se centinaia di ragazzi ballano a pochi centimetri l'uno dall'altro senza i dispositivi di sicurezza, non succede assolutamente nulla. Mi piacerebbe poi sapere se al Pride c'erano i vigili in borghese che la sera controllano il distanziamento sociale nelle piazze. Qui si sta giocando con il fuoco, un'altra chiusura non possiamo permettercela, si rischia la rivolta sociale».
All'attacco anche il consigliere regionale della lista Zaia Fabrizio Boron: «Per l'emergenza sanitaria non si può votare, i nostri figli dovranno andare a scuola con la mascherina, non si può andare allo stadio, non si può fare un concerto, le rassegne teatrali sono limitate, le aziende hanno mille raccomandazioni ma il Pride Village può fare tutto ciò che vuole, mentre l'amministrazione comunale mette multe e fa chiudere i bar». Polemica infine, anche Fratelli d'Italia. «Chi organizza il Pride si è forse già dimenticato del Covid-19? O la diversità si dimostra anche non rispettando le regole? Questa non è considerata movida dai nostri amministratori?» si sono chiesti i consiglieri di Fdi Matteo Cavatton, Enrico Turrin ed Elena Cappellini che poi hanno concluso: «L'evento Lgbt è in deroga alle normative previste per la sicurezza sanitaria? Il distanziamento sociale è d'obbligo per tutti gli eventi e congressi a livello nazionale ed internazionale. Tuttavia, dispiace constatare che ci sono sempre eccezioni per categorie che agiscono in nome della discriminazione sociale, ma senza rispettare le regole civili per il bene comune più importante della società: la salute. Chiediamo, pertanto, la stessa severità con cui l'amministrazione si è espressa nei confronti degli esercenti e commercianti».
Alberto Rodighiero
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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