Le maestranze dello spettacolo alzano la voce: «Senza futuro»

Mercoledì 24 Febbraio 2021
Le maestranze dello spettacolo alzano la voce: «Senza futuro»
LA MANIFESTAZIONE
PADOVA Il baule rosa apre la strada. Ha disegnato su un lato un volto corrucciato. È arrabbiato quel baule perché non viene più usato, non ha più un ruolo. Apre la strada alla manifestazione regionale delle Maestranze dello spettacolo. Alle 17 oltre trecento persone si sono radunate in piazza Garibaldi per ricordare un anno senza eventi, un anno senza teatro, un anno senza spettacoli. «Il pericolo è di perdere tante professionalità dice Jacopo Pesiri, portavoce delle Maestranze e cantante lirico questo è un mestiere che si fa, si pratica. Non abbiamo mai messo in discussione la pandemia, ci mancherebbe, ma se dobbiamo restare fermi è necessario riscrivere le regole del gioco che ci costringono a una situazione di precarietà impossibile da gestire in queste condizioni. In questo anno senza eventi non siamo rimasti con le mani in mano e qualche risultato lo abbiamo ottenuto: la Regione ci ha riconosciuto e ha erogato dei bonus, benissimo. Ma non sono arrivati a tutti. Un nostro carissimo amico, Omar Rizzato, si è ucciso nel suo magazzino e lo ricorderemo oggi (ieri, ndr). Non vogliamo martiri ma risposte».
Risposte a una situazione di precarietà che sta diventando sempre più difficile da gestire. Risposte a un mondo che non riesce ad essere inglobato in un'unica categoria perché le professionalità che comprende sono le più disparate. E così seguendo il baule rosa arrabbiato e lo striscione R-Esistere il corteo si snoda lungo corso Milano, bloccato al traffico da polizia, carabinieri e vigili urbani che controllano la situazione e seguono la manifestazione.
SANREMO NEL MIRINO
Ai petardi si alterna il ritmo delle mani sui bauli, la musica, gli applausi. La promessa che fanno i manifestanti è di andare a Sanremo, quel festival sul quale tanto si è dibattuto se farlo o meno, quel festival che ha aperto ancora di più la crepa tra spettacoli di serie A e spettacoli di serie B. «Perché Sanremo sì e noi no?» è la domanda ricorrente. La prima tappa è il teatro Verdi, simbolo del lavoro per il quale si manifesta. Ad attendere il corteo ci sono due ragazzi su una gru. Prima del Covid erano un tecnico e un elettricista che si occupava delle luci di scena. Ora uno di loro monta pannelli solari, l'altro consegna i pacchi per Amazon. Aspettano che la piazza di fronte allo storico teatro si riempia. Parte la Tosca di Puccini. La gru si alza, si alza sempre più verso il cielo e mano a mano che sale diventa leggibile lo striscione Un anno senza eventi. Di nuovo tutti dietro il baule rosa per tornare indietro su corso Milano. Svolta in via Dante, direzione piazza dei Signori. «Abbiamo dovuto buttarci nell'edilizia racconta Enrico Zulian, socio della cooperativa Città invisibile che organizza eventi un giorno stavo smontando un palco per un'azienda di giardinaggio e mi chiedevo Mi pagheranno?. Questa dimensione di precarietà ha invaso tutti gli ambiti della nostra vita, anche il privato. All'inizio sembrava bello, come la canzone Una vita in vacanza. Poi i mesi passavano e abbiamo cominciato a non sapere più come fare a tirare avanti. Il settore intero ha bisogno di una riforma strutturale».
Una riforma del settore della cultura, quella cultura che tanto è cara al nostro Paese. Quella cultura fatta di uomini e donne, sudore e fatica, non solo di grandi nomi. «Non ci sono diritti dice Luca Dall'Agnol di Adl Cobas troppi hanno abbandonato questo lavoro e il rischio è non solo un impoverimento delle persone ma anche della cultura stessa perché di questo è fatta la cultura: di lavoratori». La manifestazione finisce in piazza dei Signori, sono quasi le 19. Ma c'è un'ultima cosa da fare. Ricordare Omar Rizzato, suicidatosi nella notte tra venerdì e sabato scorsi nel suo magazzino. Il baule rosa riparte, questa volta con destinazione Prefettura. «La scelta è simbolica spiega Pesiri il Prefetto è il più alto rappresentante dello Stato e Omar è una vittima dello Stato. Non ha ricevuto aiuti, è stato lasciato solo dal governo. Noi siamo la sua famiglia e vogliamo ricordarlo perché non devono esserci altri casi come il suo. Per tutti i colleghi noi ci siamo, è la prima volta che si crea una rete simile nel mondo dello spettacolo». Un minuto di rumore rosa, cioè la somma di frequenze che viene spesso utilizzata a teatro per confondere in un unico suono rumori diversi. Quaranta torce rosa sono fatte brillare, il cielo si rischiara quasi a giorno. I pugni sui bauli, lo sguardo fisso di fronte a sé.
Silvia Moranduzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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