LA SENTENZA
ROVIGO «Assolto perché il fatto non costituisce reato».

Domenica 16 Dicembre 2018
LA SENTENZA ROVIGO «Assolto perché il fatto non costituisce reato».
LA SENTENZA
ROVIGO «Assolto perché il fatto non costituisce reato». Non appena il giudice ha pronunciato queste parole, il maresciallo dei carabinieri Marco Pegoraro, alla sbarra degli imputati per aver sparato, uccidendolo, al 32enne Mauro Guerra, è uscito dall'aula. Non una parola e sul volto la stessa espressione grave con cui ha affrontato al Tribunale di Rovigo l'intero processo per eccesso colposo di legittima difesa: il 29 luglio del 2015, quando era comandante della stazione di Carmignano di Sant'Urbano, aveva premuto il grilletto per difendere il collega brigadiere Stefano Sarto, atterrato e percosso dal 32enne, in fuga da un trattamento sanitario non autorizzato a cui però i carabinieri della stazione locale volevano sottoporlo perché lo ritenevano soggetto pericoloso, in preda a un delirio psichico. Quel giorno Mauro, ex carabiniere, laureato in Economia e con alle spalle un passato segnato da disturbi psichici era in caserma per chiedere l'autorizzazione per una manifestazione contro la presenza di musulmani nel territorio. Ne era scaturito il tentativo da parte dei carabinieri di sottoporre il giovane a un Tso non autorizzato, a cui Guerra aveva cercato di sottrarsi dopo ore di trattative, fuggendo scalzo e in mutande fino al campo di grano in cui poi ha trovato la morte per mano di Pegoraro.
PROSCIOGLIMENTO
A chiedere il proscioglimento dall'accusa non è stato soltanto l'avvocato della difesa, ma anche il pubblico ministero Carmelo Ruberto, procuratore capo della Procura di Rovigo: «Date le circostanze non si poteva esigere dall'imputato una condotta diversa da quella tenuta. ha affermato il pm nella sua requisitoria Pegoraro ha agito nell'onesta convinzione che la vita del collega Sarto fosse in pericolo a causa dell'aggressione subita da Guerra. La difesa è stata necessaria e proporzionata e l'imputato ha usato l'arma come rimedio estremo e prova ne è il fatto che prima di sparare contro Guerra, ha esploso tre colpi in aria, in avvertimento. L'unico aspetto non chiaro è da quale distanza sia partito il colpo, visto che la perizia balistica eseguita da un consulente della Procura risulta inattendibile».
VITTIMA SOTTO ACCUSA
Affermazioni che hanno lasciato basiti i due legali di parte civile: «Mai prima d'ora mi era successo di assistere a una difesa così appassionata da parte del pm. E' la prima volta che sento la pubblica accusa smontare il lavoro del suo stesso consulente. Perché se la perizia è lacunosa il pm non ne ha chiesta un'altra? ha affermato l'avvocato Alberto Berardi nella sua arringa Questo è un processo alla vittima e siccome Guerra quel giorno non aveva dato segni evidenti di pericolosità sociale né di alterazione psichica, la difesa dell'imputato si è lanciata in una corsa a ritroso per squalificare la vittima, ripescando anche fatti di anni precedenti come aggressioni e minacce ai familiari, come se quegli episodi potessero legittimare la restrizione della libertà di Guerra decisa dai carabinieri. Guerra ha reagito con la forza soltanto quando Sarto ha tentato di ammanettarlo, negandogli ogni possibilità di fuga».
«Mauro Guerra è morto in un modo inspiegabile e gratuito, gli ha fatto eco il collega Fabio Pinelli la testa non l'aveva persa lui, nonostante i suoi discorsi a tratti deliranti, ma i carabinieri, pretendendo di sottoporlo a un trattamento sanitario senza avere né i titoli né le competenze per farlo. E non c'è stata proporzione tra la reazione di Guerra alla coercizione in atto e la condotta omicida di Pegoraro».
L'avvocato della difesa, Stefano Fratucello, ha ribadito invece che il maresciallo non è un assassino, anzi quel giorno ha sparato nel pieno adempimento del proprio dovere. «Guerra non è morto perché ha rifiutato un Tso ha arringato il legale ma perché ha aggredito una persona mettendone a repentaglio la vita e il silenzio dell'imputato non è stato una strategia ma un segno di rispetto per il dolore dei famigliari».
La tesi ha convinto il giudice Raffaele Belvederi, che al termine dell'udienza ha assolto Pegoraro.
Maria Elena Pattaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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