LA PROTESTA
PADOVA Un unico corteo, un'unica piazza, per cinquemila lavoratori.

Domenica 27 Maggio 2018
LA PROTESTA PADOVA Un unico corteo, un'unica piazza, per cinquemila lavoratori.
LA PROTESTA
PADOVA Un unico corteo, un'unica piazza, per cinquemila lavoratori. Quelli che da tutto il Veneto ieri mattina sfilando nel centro di Padova, hanno dato vita alla manifestazione regionale sulla sicurezza nel lavoro, dopo l'incidente che domenica 13 maggio, due settimane fa oggi, portava alle cronache lo stabilimento di riviera Francia delle Acciaierie Venete. Dove quattro operai (di cui due ancora lottano tra la vita e la morte) venivano investiti da una bolla di calore e dagli schizzi incandescenti causati dalla caduta da quattro metri d'altezza di una siviera con all'interno novanta tonnellate di acciaio fuso, crollata a terra per via della rottura di un perno. Un incidente, è stato il mantra di queste due settimane, che non è un caso.
IL CORTEO
Concetto che la manifestazione di ieri ha fissato in modo chiaro mentre il serpentone fatto da metalmeccanici si snodava lungo viale Codalunga, piazzale Mazzini, via Giotto, via Matteotti, Largo Europa, via Martiri della Libertà, piazza Insurrezione, via Emanuele Filiberto di Savoia per concludersi sotto il palco in piazza Garibaldi. Una manifestazione iniziata alle 9 sul piazzale della stazione di Padova, dove si sono dati appuntamento i 40 pullman arrivati da tutto il Veneto e a cui si sono uniti i lavoratori del veneziano (che hanno raggiunto la città in treno) e i padovani che alla spicciolata si univano al corteo. E alle 9.30, con lo sventolio di bandiere della Fiom, Fim e Uilm, la manifestazione è cominciata. Nessuno slogan gridato durante la sfilata. Il tempo delle parole è arrivato verso le 10.30 quando sul palco di piazza Garibaldi è toccato al segretario regionale della Cgil Cristian Ferrari, aprire il comizio.
LA DENUNCIA
«È ora di dire basta a questa strage incivile ha scandito dal palco che guardava il Liston Qui, come in ogni incidente, ci sono state delle responsabilità precise. Alle imprese, alle industrie, tocca invece il compito di mettere fine a questo bollettino di guerra. Oggi da questa piazza, che è quella di Marian Bratu, Sergio Todita e David Frederic Gerard Di Natale (i tre feriti ancora ricoverati, ndr) i lavoratori veneti dicono che non sono più disponibili a lavorare rischiando la vita. I fatti di cronache nera ha ragionato Ferrari non sono altro se non il frutto di questa visione distorta della società, in cui la formazione la sicurezza sono un costo. Basti pensare che il numero più alto di infortuni succede a lavoratori giovanissimi, e quindi precari, e a lavoratori anziani, costretti a stare in fabbrica per leggi assurde sull'età pensionabile». Numeri che inchiodano il Veneto a una triste realtà: quella di essere la seconda regione italiana con il più alto tasso di incidenti e una di quelle con il numero minore di ispettori Spisal.
GLI INCIDENTI
Secondo i calcoli dei sindacati, che sul tema hanno aperto un tavolo in Regione, mancherebbero almeno 100 ispettori per garantire controlli che siano a malapena sufficienti. «Ho ancora in mente lo spettacolo di quel giorno ha aggiunto dal palco Stefano Lazzarini, delegato Rsu Fiom a tutti dico che dobbiamo fare attenzione noi, monitorarci da soli perché non abbiamo altri aiuti. Spero in una manifestazione nazionale, come ci era stato promesso». Assist colto al balzo dal segretario regionale della Cisl, Gianfranco Refosco: «Obiettivo zero morti: questo è quanto vogliamo. La politica deve darci risposte in tempo veloce e intanto lancio la proposta al presidente Sergio Mattarella di dare la cittadinanza italiana ai due feriti gravi, per garantire loro tutti i diritti possibili». «Ogni cinque giorni in Veneto abbiamo un morto sul lavoro ha concluso Gerardo Colamarco, segretario regionale Uil -, non dimentichiamo che questo primo maggio è stato incentrato sul tema della sicurezza e ora siamo di nuovo qui. Lo sciopero generale? È un argomento che non abbiamo ancora messo in soffitta».
Nicola Munaro
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