LA NOVITÁ
PADOVA Si è molto discusso in queste ultime settimane del

Lunedì 19 Aprile 2021
LA NOVITÁ PADOVA Si è molto discusso in queste ultime settimane del
LA NOVITÁ
PADOVA Si è molto discusso in queste ultime settimane del ruolo della farmacie come mini centri di vaccinazione e degli stessi farmacisti come vaccinatori. I problemi però sono due: mancano i vaccini. E non c'è ancora un protocollo regionale che stabilisca garanzie sanitarie e doveri. Forse è per questo che le adesioni sono ancora al di sotto delle aspettative. Patrizia Zennaro, presidente dell'associazione dei titolari di farmacia di Padova e provincia,
«Ad oggi su 270 farmacie padovane gli iscritti a Federfarma sono 217. Di questi solo il 40 per cento ha aderito alla chiamata nazionale». Insomma una ottantina. Non è un problema di volontà in quanto le farmacie in queste settimane sono state il ponte verso le vaccinazioni di molti anziani che vivevano da soli, non avevano internet, e non sapevano come fare a prenotarsi. Non solo: hanno fatto anche da punto tamponi aggiuntivo, diminuendo il carico sulle strutture pubbliche sempre in accordo con la Regione. Ma è un fatto che trasformarsi in centri vaccinali è un altro paio di maniche. «Prima di tutto dobbiamo dire che i vaccini ancora non ci sono. Nel senso che se anche volessimo non ne avremmo disponibilità - continua la dottoressa Zennaro - ma ci sono molti aspetti critici dal punto di vista della logistica, oltre al fatto che si tratterebbe di un altro ulteriore compito che non è di nostra stretta competenza. Per questo molti titolari, me compresa, sono perplessi».
Andiamo con ordine. «La volontà non manca. Quasi tutti i dottori farmacisti titolari e dipendenti stanno facendo il corso online per la diventare vaccinatori. Ma vaccinare con questo tipo di vaccini è una enorme responsabilità. Un conto è trattare uno shock anafilattico in Fiera oppure con il 118 a fianco, un altro farlo in farmacia». Bisogna dotarsi di una serie di presidi, tra cui il pallone Ambu, che si usa in presenza di un'emergenza sanitaria, l'adrenalina fast jack, da collocare su un carrello su cui appoggiare anche cortisone e antistaminici per affrontare eventuali emergenze. Poi, vanno allestite le postazioni, con sedie aggiuntive e pc collegati al portale della Regione.
«Poi ci sono le responsabilità legali. Ci è stato garantito uno scudo penale ma da quanto abbiano capito la filosofia è che prima saremo indagati e poi si vedrà. Infine c'è il tema degli spazi. Occorre un ingresso separato e poi una sala di attesa sia per il vaccino che per coloro che l'hanno fatto. Io, quando l'ho avuto l'altro giorno, ho dovuto aspettare 45 minuti prima di andarmene. Significa che si sarebbero sommate molte persone dopo di me». Ebbene la stragrande maggioranza delle farmacie ha un solo ingresso. La soluzione alternativa è il drive-in oppure appoggiarsi a laboratori analisi o edifici adiacenti. Ma il titolare deve accettare di rinunciare a un medico dietro al banco con la coda di persone che hanno bisogno di farmaci. E gli stessi dipendenti fanno presente che le loro retribuzioni sono ferme a contratti modulati alle competenze di oltre un decennio fa. E ancora c'è il tema di quale vaccino fare: «Se dobbiamo andare a prendere Pfizer dobbiamo essere assolutamente certi che avremo le persone a cui iniettarlo. Non è come in fiera che comunque il numero dei chiamati può coprire i buchi di chi rinuncia. In questo senso lo stop di Johnson&Johnson che ci avrebbe potuto aiutare ci mette in difficoltà».
Intanto c'è chi nella categoria ragiona a voce alta anche su altri temi. Stefano Grigoletto, farmacista ed ex assessore nella Giunta Bitonci suggerisce una strada. «Intanto perché non riapriamo palestre e ristoranti almeno alle persone vaccinate con entrambe le dosi? Aggiungo anche coloro i quali hanno superato l'infezione da Covid».
Mauro Giacon
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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