«La legge è chiara: ai primi sospetti noi dobbiamo fare la prescrizione»

Giovedì 1 Ottobre 2020
«La legge è chiara: ai primi sospetti noi dobbiamo fare la prescrizione»
LA TESTIMONIANZA
PADOVA «Siamo obbligati per legge a richiedere il tampone non appena si presenta un sintomo sospetto. Era prevedibile che si creassero code alla riapertura delle scuole». Non c'è da stupirsi secondo Franco Pisetta, segretario regionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) e pediatra con studio ad Abano Terme, alla vista delle lunghe code fuori dagli ospedali di bambini con i rispettivi genitori che dovevano fare il tampone al minimo accenno di raffreddore.
Dottor Pisetta, un pediatra può decidere se far fare il tampone o meno?
«Assolutamente no. Lo dice il decreto del Presidente del Consiglio del 7 settembre approvato dall'Istituto superiore di sanità e poi dal Ministero della Salute e da quello dell'Istruzione».
Anche per un semplicissimo raffreddore?
«E come si fa a stabilirlo? Dal punto di vista diagnostico non posso sapere se quello starnuto è coronavirus o raffreddore. Non c'è discrezionalità su questo, l'unico modo per capire di cosa si tratti e fare tempestivamente il tampone molecolare (quello che preleva un campione nel naso e in gola, ndr) a tutti coloro che presentano sintomi sospetti. È l'unico metodo attualmente riconosciuto per escludere i casi di positività al Covid-19».
Quando si manda il bambino a fare il tampone?
«In caso di sintomi sospetti, cioè raffreddore, tosse, mal di gola, dissenteria, vomito».
Non crede che il sistema possa collassare di questo passo?
«O il sistema si mette a regime o si deve cambiare la legge. Non ci sono alternative a ciò che stiamo facendo. Era prevedibile che capitasse una cosa del genere una volta riaperte le scuole, lo diciamo da mesi. Ma si tratta di scelte politiche».
E non ci sono altri test magari più veloci che si possono fare per evitare di intasare gli ospedali?
«Comunque un prelievo si deve fare quindi non cambierebbe granché. E poi va analizzato, sia che si tratti di un tampone sia che si tratti di un test rapido. In ogni caso fino a che la legge dirà che i casi sospetti vanno tamponati noi dovremo seguirla, non possono esserci deroghe».
Quante telefonate riceve ogni giorno?
«Centinaia. Noi pediatri siamo bombardati di telefonate. Stiamo sopperendo alla sanità pubblica in tema di casi sospetti, è tutto sulle nostre spalle come è giusto che sia. Negli ospedali hanno già il loro bel da fare a gestire i casi certi per non parlare del tracciamento dei contatti che porta via parecchio tempo. Noi cerchiamo in ogni modo di alleviare le difficoltà non solo del sistema sanitario ma anche delle famiglie che seguiamo».
La chiamano genitori preoccupati?
«Certo, e non si possono liquidare in due minuti. Alcune telefonate durano parecchio. Giustamente sono in apprensione, bisogna spiegare cosa fare, come comportarsi, hanno paura delle conseguenze che il coronavirus può avere sul loro bambino e anche di come affrontare la quarantena, soprattutto se sono lavoratori. Non avevamo mai vissuto una pandemia quindi è tutto nuovo. Non è un anno normale questo».
Le sono capitati pure genitori negazionisti?
«Sì però poi quando spiego il contesto che stiamo vivendo e il fatto che per il ritorno a scuola è necessario il certificato si adeguano. Anche perché quel certificato non si può fare se non si ha in mano l'esito negativo del tampone e non si può nemmeno lasciare a casa un bambino da scuola se non è malato».
Silvia Moranduzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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