L'INTERVISTA
PADOVA Roberto Ragazzoni è direttore dell'Osservatorio astronomico

Mercoledì 13 Novembre 2019
L'INTERVISTA PADOVA Roberto Ragazzoni è direttore dell'Osservatorio astronomico
L'INTERVISTA
PADOVA Roberto Ragazzoni è direttore dell'Osservatorio astronomico all'Inaf Padova e instrument scientist del telescopio, cioè ha diretto il gruppo di 12 persone che l'ha progettato.
«Un grande team che ha lavorato per 5 anni. Devo ricordare il professor Giampaolo Piotto del dipartimento di Fisica che ha studiato cosa fare del telescopio, Demetrio Magrin per il disegno ottico e Valentina Viotto perché le donne sono state fondamentali».
Ci racconti del telescopio...
«La dimensione è contenuta con un diametro di poco più di 30 centimetri e la lunghezza di un metro perché in questo caso viene privilegiata la stabilità. Dobbiamo fare misurazioni precise».
Si nota un grande cilindro dorato...
«É proprio il tappo del telescopio. Se non si aprirà niente misurazioni. Pensi che hanno pensato a un sistema per cui se il meccanismo si inceppa lo fonderanno. Noi abbiamo un grande paralume, come sulle macchine fotografiche. Ci serve non solo per difenderci dalla luce ma perché tiene la temperatura interna molto stabile. Il nostro è un fotometro come quello delle macchine fotografiche che calcola la luminosità del soggetto e ci dà l'esposizione».
Ci sono anche due piccoli cannocchiali di lato...
«Sono due telescopi che devono guidare la rotta del satellite orientandosi con le stelle, come facevano i marinai un tempo».
Come funziona?
«Viene puntato su una stella di cui già si sa la presenza di un pianeta intorno. Grazie all'interazione dei dati con il nostro telescopio Galileo alle Canarie potremo misurarlo con precisione. Capiremo se è fatto di roccia o ghiaccio. Sa, la natura è molto più fantasiosa di quello che pensiamo. Il telescopio misurerà il diametro e da terra il peso. Nel rapporto fra i due calcoleremo la densità che ci permetterà di scoprire l'età e la formazione».
Dove punteremo?
«A stelle comprese fra 10 e 100 anni luce, insomma guardiamo nei paraggi. Ma non siamo schizzinosi. Quelle più deboli vicine e quelle più brillanti lontane».
Facciamo un esempio di distanze...
«La stella più vicina e Alfa centauri, 3 anni luce. Stiamo pensando di raggiungerla con un viaggio di 20-30 anni».
Capito. Quindi il compito è capire le caratteristiche dei pianeti scoperti...
«Certo. Ma anche vederne di nuovi se capita. Ma noi siamo delle staffette che indicheranno al nuovo telescopio spaziale James Webb che sarà lanciato nel 2021 dove guardare. Gli faremo risparmiare un sacco di tempo».
Secondo lei c'è vita oltre la Terra?
«Dipende quale. Gira una vignetta con due pinguini che arrivano dallo spazio guardano la Terra la vedono piena d'acqua e se ne vanno. Non c'è ghiaccio, non fa per loro».
Bisogna trovare un pianeta che abbia un'atmosfera...
«Questo è il difficile. Cheops indicherà il pianeta e la rileverà. Il telescopio Webb potrà analizzarla successivamente. Ma Cheops servirà a dargli le coordinate giuste e un orologio preciso sull'inizio del calo della luce».
Sembra che questa ricerca sia diventata il sacro Graal degli scienziati...
«Se pensa che Didier Queloz con il quale si è chiacchierato e riso tante volte ha preso il nobel per la Fisica grazie alla scoperta del primo esopianeta in orbita su una stella simile al Sole... Ora ne abbiamo scoperti 4mila. E Queloz presiede il team scientifico di Cheops».
M.G.
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