L'INTERVISTA
MONSELICE Dirige il reparto che prese in cura prima di tutti Adriano

Martedì 18 Maggio 2021
L'INTERVISTA MONSELICE Dirige il reparto che prese in cura prima di tutti Adriano
L'INTERVISTA
MONSELICE Dirige il reparto che prese in cura prima di tutti Adriano Trevisan, la prima vittima in Europa del Coronavirus. Il suo pronto soccorso è stato il primo in Italia ad essere blindato creando percorsi separati per i pazienti positivi. Ha passato gli ultimi 15 mesi in trincea, ma se la direttrice Roberta Volpin si guarda indietro non vede solamente momenti bui. La torta donata da una paziente, la pastasciutta in abbondanza portata da un ristoratore, il ringraziamento di un collega con un disegno di Lady Oscar appeso alla porta dello studio. «Di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta. Ora non vediamo l'ora di riaprire totalmente le porte» sospira lei, 17 anni di lavoro al pronto soccorso di Padova prima del battesimo di fuoco come primaria all'ospedale di Schiavonia.
Dottoressa, com'è attualmente la situazione?
«Accogliamo i pazienti positivi e tutti quelli che arrivano da soli. Le ambulanze invece vengono deviate a Padova, Piove, Abano e Rovigo. Ora però contiamo di poter riaprire a tutti».
Quando?
«Fosse per noi anche subito. Credo che bisognerà aspettare due settimane per avere un'idea chiara sull'andamento della curva epidemiologica. Se la situazione rimarrà così, potremo davvero riaprire».
Per giugno?
«Servirà una delibera regionale ed è fondamentale che proceda la riconversione dei posti letto nei reparti ospedalieri. Riaprire a metà giugno: questa è la concreta speranza».
Riavvolgiamo il nastro. Cos'è cambiato nel suo pronto soccorso dal 21 febbraio 2020?
«Tutto, una rivoluzione totale. Abbiamo creato i due percorsi in modo da isolare ogni sospetto caso Covid. Siamo stati i primi in Italia».
Oggi quanti accessi avete?
«Tra i 90 e i 100 pazienti al giorno e la quota di positivi è sotto il 5%. Prima della pandemia questo pronto soccorso ne accoglieva tra i 180 e i 190».
E nel momento peggiore dell'incubo?
«Tra dicembre e gennaio eravamo sugli 80 pazienti al giorno e la metà erano Covid».
Se ora guardate alla riapertura totale è soprattutto grazie alla vaccinazione?
«Sì, è stata la nostra svolta. Noi ci siamo vaccinati a gennaio e abbiamo visto la luce in fondo al tunnel quando abbiamo iniziato a riscontrare che non c'erano praticamente più casi di contagio tra il personale. E i pochi che risultavano positivi comunque non si ammalavano in modo preoccupante. Abbiamo capito che quando sarebbe partita anche la vaccinazione della popolazione avremmo potuto davvero vedere la fine».
Guida una squadra di 120 persone tra medici, infermieri e oss, più una trentina di autisti. Qual è stato per voi il momento peggiore?
«Questo inverno, perché era subentrata anche la stanchezza. La prima volta ce la fai, ti senti un piccolo eroe, hai tanta forza. La seconda ondata è stata molto più dura, la terza ci ha spiazzato. Ora una quarta non so se potremmo reggerla».
I momenti più belli, invece?
«C'è stata grande solidarietà. Chi ci portava la pastasciutta, chi la torta delle nonna fatta in casa. È poi il gruppo che si è creato tra noi. Il mio ruolo porta oneri ma lavorare con loro è sempre stato un onore. Spezzo una lancia per tutti coloro che lavorano in pronto soccorso, non solo qui. Abbiamo dato anima e cuore, sempre. E sempre in silenzio».
Ci sono dei ringraziamenti che non scorderà mai?
«Tanti colleghi mi hanno detto Se non ci fossi stata tu sarebbe stato un disastro. Credo che abbiano apprezzato l'organizzazione, dai lavori strutturali per rivoluzionare il pronto soccorso agli aspetti prettamente medici».
Sulla sua porta è appeso il disegno di un cartone animato.
«È Lady Oscar, era la mia eroina. Me l'ha regalato un collega dicendomi Sei la nostra cavaliera. Sono piccoli gesti che fanno bene».
Suo marito Raffaele lavora alla terapia sub-intensiva dell'ospedale Sant'Antonio. Cosa significa essere in due a combattere in trincea?
«È stato un anno decisamente complesso, ma chi ha sofferto di più sono stati i figli. Ora anche loro hanno tanta voglia di rinascita».
G.Pip.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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