L'ATTESA
CITTADELLA «Tombolo, Santa Giustina in Colle, Cerea, Sommacampagna...».

Domenica 2 Giugno 2019
L'ATTESA CITTADELLA «Tombolo, Santa Giustina in Colle, Cerea, Sommacampagna...».
L'ATTESA
CITTADELLA «Tombolo, Santa Giustina in Colle, Cerea, Sommacampagna...». Nicola Tosetto inizia a snocciolare il lungo elenco e i suoi occhi si illuminano di orgoglio. «Ho fatto tutte le trasferte possibili e immaginabili, ho seguito la squadra perfino nel suo punto più basso: la retrocessione in Prima Categoria. Sfido chiunque a battermi sulla storia del Cittadella». Nicola, cinquantadue anni, passeggia avanti e indietro per i portici di via Garibaldi e conta i minuti che mancano alle nove e un quarto di questa sera. Lavora come impiegato in un'azienda della zona e sotto la camicia batte forte un cuore granata. «Se mi guardo indietro e penso da dove siamo partiti - racconta mentre la bandiera sventola dal suo balcone - mi vengono i brividi. Ho cominciato a tifare nel 1974: io ero un bambino e la squadra era in Promozione. Figuratevi ora cosa significa per me arrivare a questo punto: sono una molla. La tensione è totale».
Una città di ventimila abitanti sogna ad occhi aperti la serie A e Nicola è uno dei tanti abitanti che vive il giorno della vigilia senza riuscire a pensare ad altro. Le vetrine dei negozi, le facciate dei palazzi, le finestre delle case e le magliette dei bambini: ogni dettaglio fa capire che per Cittadella questi non sono, e non possono essere, giorni come tutti gli altri. Lo spiega bene Roberto Zanon, fondatore del primo club Granata Cittadallese. Era il 1988, la squadra giocava in Interregionale e pensare alla serie A era come immaginare lo sbarco su Marte. «Questo è il sogno di Angelo, una persona meravigliosa -ricorda -. Il nostro primo presidente era stato il primo a crederci».
OTTIMISMO
La targhetta dedicata ad Angelo Gabrielli è appesa in bella mostra alla birreria Torre. Matteo Michelini, titolare di diversi negozi d'abbigliamento in città, sfoglia il giornale bevendo un caffè e diffonde ottimismo: «Questa non è una finale, questo è un evento. Il Cittadella è guidato da una grande famiglia che qualunque cosa tocchi, ottiene successo. I figli sono uguali al padre Angelo. Qui il clima è elettrico, non sarà facile ma sono positivo». Passa in bicicletta Roberto Musso, vecchio pilastro in campo e oggi componente dello staff tecnico: l'ex centrocampista sorride, ma per scaramanzia non dice nulla. Chi parla, invece, è Francesco Veranda: ha 28 anni, abita a Gazzo Padovano e non sta più nella pelle: «Sta tutto nel nome: Cittadella. Un grande cuore difeso da mura possenti. Non è un caso se da tre anni di fila andiamo ai play-off. Il mio idolo è Paleari».
UN SOLO ARGOMENTO
L'edicola accanto alla chiesa è colorata da tante bandierine granata. Tutti si fermano, leggono le locandine e vanno con la mente allo stadio Bentegodi. «Siamo una realtà piccolissima, ho paura che qualcuno non ci voglia in serie A» mormora un signore anziano, scuotendo la testa. È uno dei pochi pessimisti in un mare di fiducia. «Non importa contro chi giochiamo e che difficoltà avremo - è uno dei pareri più diffusi. Ce la faremo, perché siamo lanciatissimi». La vittoria dell'andata ha allargato notevolmente il partito degli ottimisti. «Non sono un grande esperto, ma mi sono fatto contagiare e ho messo pure io le bandiere. Qui tutti parlano della stessa cosa e c'è grande agitazione» confida l'edicolante, Lorenzo Zilio.
LE COMMESSE
Al Fruttivendolo Lena la vetrina è colorata dalla scritta Mi bAtte forte il cuore e le commesse sono vestite rigorosamente con la maglia dei tifosi. Troviamo la stessa passione al tabaccaio e al panificio, alla macelleria e al supermercato. Gli operai montano il maxischermo e la gente si organizza. «Ce la vediamo tutti assieme?» chiede un ragazzo, birra in mano e polo del Cittadella indosso, al bancone di un bar. L'amico annuisce: «Certo. Quando ci ricapita?».
IL PRESIDENTE
Andrea Gabrielli ha un cellulare bollente e mescola emozione, tensione e scaramanzia. «Non dico niente, aspettiamo domenica sera» ripete da lunedì. Prima della partita d'andata il presidente ha fatto visita al padre Angelo al cimitero: un modo per coinvolgerlo nel momento più alto della società.
Alla sede della siderurgica Gabrielli in via Mazzini, gli operai sono al lavoro: il sabato è il giorno tradizionalmente dedicato alle manutenzioni, ma in questo sabato mattina il calcio è il tema dominante. Lo spiega bene il signor Beltrame, centralinista, che lavora qui dal 2003 e ora è quasi senza voce. «Ho tifato troppo - racconta ridendo - ma ovviamente andrò anche a Verona. Sono tanti anni che questa squadra sta facendo bene e noi dipendenti ci sentiamo un po' tutti partecipi. Ma bisogna stare calmi, incrociare le dita e toccare ferro. Non ho ancora avuto occasione di vedere il presidente, spero di stringergli presto la mano».
Nel suo ufficio ci sono i poster delle squadre degli anni passati, la foto del fondatore Angelo e la sciarpa con la scritta Un Gabrielli per sempre. Sulla parete, però, ci sarebbe ancora spazio. Per altre immagini, per altre sciarpe, per altre celebrazioni. Quelle più attese e sognate.
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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