IN CELLA
ROVIGO «Uscirò di qui perché sono innocente. Temo solo

Martedì 28 Gennaio 2020
IN CELLA
ROVIGO «Uscirò di qui perché sono innocente. Temo solo di non poter più vedere mia figlia». Dietro le sbarre della cella del carcere di Rovigo Mohamed Barbri vive serenamente la sua detenzione considerandola solo una parentesi momentanea. Quello che lo inquieta è il suo futuro di genitore. Il 41enne marocchino, accusato di aver ucciso e nascosto il corpo di sua moglie Samira El Attar, che condivide la cella con un altro detenuto, parla nei momenti di ricreazione con gli altri carcerati e professa la sua innocenza. In particolare ha espresso loro la sua inquietudine per le sorti del suo rapporto con la figlia. Barbri la mattina di Capodanno, prima di andare in Spagna - una fuga secondo il giudice per le indagini preliminari, che gli è valsa l'arresto - ha lasciato la sua bambina, che già pativa l'assenza della sua mamma, alle cure della nonna. Poi ha inforcato la bicicletta e se n'è andato, prendendo un pullman da Milano, a Barcellona e quindi a Madrid, dov'è stato arrestato. Dal primo di gennaio, dunque, non vede la figlia. E, come ha raccontato in confidenza ad alcuni altri carcerati, teme di non poterla più riabbracciare.
L'ITER
E mentre i carabinieri continuano a cercare il corpo di Samira El Attar, o almeno la sua bicicletta ed il suo cellulare, spariti insieme a lei il 21 ottobre scorso, battendo palmo a palmo tutto il territorio di Stanghella, Barbri, che nell'interrogatorio di garanzia, seguendo la strategia difensiva consigliatagli dal suo legale, l'avvocato Daniele Pizzi del foro di Milano, si è avvalso della facoltà di non rispondere, potrebbe a breve chiedere di essere sentito nuovamente per cercare di chiarire i punti oscuri che hanno portato, il 13 gennaio, il giudice per le udienze preliminari Raffaele Belvederi ad emettere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, che ha fatto scattare il suo arresto, il giorno successivo, mentre si trovava in Spagna a Madrid, in quella che gli inquirenti hanno valutato essere una fuga, messa in atto precipitosamente il giorno di Capodanno, nonché elemento principe per sostenere tutto il castello accusatorio.
LA DIFESA
L'avvocato Pizzi, infatti, ha chiesto copia dell'intero fascicolo nella cancelleria della Procura, con l'intenzione di andare in carcere e chiarire con Barbri tutti i punti contestati. Insieme ad un interprete. Perché Barbri, seppur in Italia da un po', non parla né capisce bene l'italiano, ma nemmeno l'arabo corrente, sia scritto, visto che è andato a scuola solo per tre anni, ma anche parlato, esprimendosi prevalentemente nel dialetto della sua zona di origine.
E' per questo che, secondo la difesa, potrebbero essere nate delle incomprensioni, giudicate dagli inquirenti come incongruenze o falsità. Per esempio, la notte del 21 ottobre, Barbri si è davvero recato nelle due stazioni dei carabinieri di Stanghella e Boara Pisani, ricevendo il consiglio di presentarsi l'indomani per formalizzare la denuncia di scomparsa della moglie.
Solo successivamente, verso le 4, è poi nuovamente uscito di casa stazionando per circa tre ore in una zona, lungo il Gorzone, sulla quale si sono inevitabilmente concentrate le attenzioni degli investigatori. Ma se davvero avesse ucciso lui la moglie, sarebbe andato dai carabinieri prima di essersi disfatto del suo cadavere? La logica vorrebbe di no. E cosa ha fatto, allora, in quelle ore, in una zona senza un filo di luce? La sua risposta, per esempio, potrebbe essere che, temendo un gesto estremo della donna, l'abbia cercata lungo l'argine. Più difficile, ma potrebbe comunque saltare fuori una giustificazione, spiegare perché il giorno della scomparsa ha detto di essere andato a lavorare, mentre almeno tre persone hanno smentito il suo racconto.
Francesco Campi
Marina Lucchin
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