In 600 per ascoltare la testimonianza di Vanzini, sopravvissuto a Dachau

Martedì 4 Febbraio 2020
In 600 per ascoltare la testimonianza di Vanzini, sopravvissuto a Dachau
GALLIERA
«Ai negazionisti chiedo: c'eravate voi nei campi dove io ho lasciato la mia gioventù e metà della vita? Basterebbe provassero un solo giorno di campo. Questa è gente che ha dentro di sè Hitler. Chi compie gesti come quelli recenti, è perchè sono persone deboli che si fanno ispirare da altri. E' molto positivo invece che centinaia di giovani che incontro, desiderino approfondire quello che è successo nei lager. Per loro io continuerò a portare la mia testimonianza». Le parole sono del cittadellese Enrico Vanzini, 98 anni, ultimo militare italiano in vita, internato a Dachau. Ha visto la parte più oscura dell'uomo. Sabato scorso gremito il palasport di Galliera Veneta, almeno 600 persone con tanti giovani, per ascoltare, ma soprattutto capire, grazie a Vanzini che è storia vivente. Ad introdurre la serata, aperta con la proiezione di parte del documentario storico su Dachau e collegare varie parti della testimonianza, Gabriele Roma. Vanzini, artigliere, in Grecia dopo l'Armistizio è catturato dai tedeschi. Viene messo ai lavori forzati in Germania. Scappa, viene ripreso, sfiora il plotone d'esecuzione e viene internato e sopravvive per 8 mesi a Dachau. Prigioniero di guerra, non ebreo, è inserito nelle Sonderkommando squadre che nel campo dovevano svolgere i compiti più ingrati tra i quali portare i corpi dalle camere a gas e dal laboratorio degli esperimenti con gli umani di Josef Mengele, ai forni crematori. «Entrato nel campo, vestito con un pigiama di tela, sono diventato il numero 123343 - ha raccontato - difficilissimo da imparare e se capivi male e sbagliavi quando chiamavano, erano botte. La nostra vita non aveva valore. Mi sono aggrappato alla voglia di tornare a casa e alla religione. Il mio fisico da calciatore mi ha aiutato, ma da 89 chili, mi hanno liberato che ne pesavo 29. Gli 8 mesi lì sono stati come 30 anni di vita. Ho visto uccidere un'anziana che mi aveva dato del pane. Nessuna vendetta per i miei aguzzini, erano inebriati dalle idee di Hitler. Spero che tutto questo non succeda mai più per l'umanità. Tornato a casa, mia mamma non mi ha riconosciuto». Vanzini per 60 anni non ha detto nulla di questo. Al termine dell'incontro organizzato dal Comune con la biblioteca e la Pro loco, il sindaco Italo Perfetti con il vice e assessore alla Cultura Mariano Zambon ha consegnato all'ospite a nome della Comunità, una targa con scritto: Ad Enrico Vanzini, con stime e riconoscenza, per aver contribuito alla cultura ed all'educazione delle nuove generazioni.
M.C.
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