Il nero riciclato vendendo la droga

Martedì 23 Gennaio 2018
L'INCHIESTA
PADOVA Due malavitosi calabresi legati alla Ndrangheta, residenti da anni a Vigonza, avevano messo in piedi un'associazione a delinquere, con sede nel Padovano, finalizzata a riciclaggio, auto-riciclaggio, falsa fatturazione e traffico di stupefacenti.
La Direzione investigativa antimafia, con l'ausilio di Squadra mobile, finanza e carabinieri, ha fatto scattare le manette ieri per 16 persone, sette in carcere e nove ai domiciliari, e quattro sono indagate a piede libero nell'ambito dell'operazione Fiore Reciso, illustrata dal capocentro Dia, colonnello Carlo Pieroni. I proventi del riciclaggio erano spesi per l'acquisto di stupefacenti e armi.
Gli investigatori hanno sequestrato complessivamente beni per 800 mila euro tra immobili, automobili, droga, fucili, moto.
I VERTICI
Tre delle persone arrestate al termine di complesse indagini, coordinate dal pubblico ministero Benedetto Roberti della Procura di Padova, compaiono già tra gli arrestati di una recente operazione dalla Dda di Catanzaro, «Stige», in cui veniva contestato agli indagati il 416 bis, ovvero l'associazione di stampo mafioso: Vincenzo Giglio, 26 anni, figlio di Salvatore, il capo dell'omonima cosca calabrese, Antonio Bartucca, 49 anni, e Giovanni Spadafora, 45 anni. Questi ultimi due già reclusi nel carcere di Venezia e di Tolmezzo. I tre in Veneto erano incaricati di dare appoggio logistico alle cosche della Ndrangheta ma anche di fare affari infiltrandosi negli appalti pubblici e nelle attività commerciali della regione. Insieme a questi, ai vertici dell'organizzazione c'è anche Lorenzo Ceoldo, vigontino di 46 anni.
L'INDAGINE
L'attività di investigazione, avviata nel 2015, ha fatto emergere come il sodalizio criminale, che faceva riferimento al quartetto, utilizzasse gli illeciti proventi delle false fatturazioni, principalmente per l'acquisto di droga e per le necessità delle ditte di riferimento. Allo scopo era stato individuato un capannone a Vigonza, in via del Lavoro 24, utilizzato da Bartucca, Spadafora, Ceoldo e Giglio, sia come magazzino per la lecita attività lavorativa svolta nel settore edile, sia quale luogo di custodia di sostanze stupefacenti, materiale da taglio e confezionamento, nonché fucili e munizioni.
In cinque occasioni gli agenti della Dia sono penetrati all'interno per eseguire di nascosto delle perquisizioni, simulando anche un furto quando l'imprenditore aveva ipotizzato di traslocare.
LO STUPEFACENTE
Gli appostamenti della Dia hanno consentito di individuare in Antonio Giardino, 48enne originario di Isola Capo Rizzuto (Crotone), il fornitore di marijuana e hashish che si avvaleva per le consegne, tutte concluse all'interno del piazzale del parcheggio dell'Ikea, dei corregionali Giuseppe Cozza, 42 anni, e Pasquale Pullano, 40, entrambi dimoranti, come Giardino, in provincia di Verona. A fornire partite di cocaina c'erano l'albanese irregolare Saimir Sergio Vezi, 42 anni, e il coetaneo calabrese Domenico Carbone. A ricevere la droga per poi smerciarla erano, infine, Luca Segato, skipper vigontino di 47 anni, Nicola Girina, padovano, ora residente a Dolo (Venezia), di 39 anni, Domenico Mimmo Sottile, crotonese residente a Spinea (Venezia), e Antonino Cassandro, 47 anni di Vigonza. Enrico Borrini Enrico, 52 anni, artigiano lombardo è ai domiciliari.
L'AIUTO DEL BANCARIO
Parallelamente al traffico di droga, l'indagine ha fatto emergere i favori dell'allora direttore della filiale di Vigonza della Banca Popolare di Vicenza, Federico Zambrini e del funzionario Roberto Longone. Zambrini, finito ai domiciliari, è accusato di aver aiutato Bartucca a fare falsa fatturazione e a muovere denaro nella maniera più pulita possibile: 150 mila euro di prelievi documentati nel solo 2016 a fronte di un reddito dichiarato di 17 mila euro. Il tutto attraverso le carte prepagate di alcuni dipendenti, per la maggior parte stranieri, dell'azienda edile di Bartucca, e fatture false attraverso aziende cinesi. Oltre a un vantaggio personale in denaro, il direttore della filiale aveva anche chiesto e ottenuto nel settembre 2014 dall'affiliato alla cosca la sottoscrizione di azioni della BpVi per 61mila euro (valore poi azzerato dal crac dell'istituto di credito), polizze, obbligazioni, mutui, prestiti, conti correnti.
Marina Lucchin
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