IL CASO
PADOVA «Sono un medico. E sono madre di un medico. Mia figlia è

Lunedì 6 Luglio 2020
IL CASO
PADOVA «Sono un medico. E sono madre di un medico. Mia figlia è un chirurgo che si occupa di oncologia. Malati gravi e ore di sala operatoria e di emergenze. Sicuramente la colpa è mia. Sono stata medico da sempre, forse da ancora prima di finire il liceo, almeno nel mio pensare, nel mio appassionarmi alla vita ed alla salute. Ed è stato un contagio per la mia piccola, la figlia che adesso è in trincea, da mesi: in prima linea per i malati di Covid-19. In pericolo, esposta ad ogni rischio, non solo fisico, davanti a chi continua a morire e lontana da me. Lontana da sua madre che rivive quel sottile senso di colpa di tante donne medico che credono di aver tolto qualcosa ai propri figli».
A parlare è Marilisa Andretta, otorinolaringoiatra a Padova, mamma di Giovanna Rizzardi, chirurgo toracico in servizio all'Ospedale di Bergamo. Madre e figlia fanno parte dei 37 medici italiani che raccontano e si raccontano nel libro Emozioni virali a cura di Luisa Sodano (Il Pensiero scientifico editore), una raccolta di esperienze e vissuti nel periodo acuto del Covid.
LA STORIA
Ci sono testi che vengono alla luce dall'unione di racconti condivisi, intensi, autentici e potenti come solo la vita e la morte possono essere: è il caso di questo libro che proprio di vita e di morte parla, del virus sconosciuto che ci ha colti impreparati e, come un'onda gigantesca, ha travolto tutto e tutti, in particolare chi si è trovato per primo sulla sua traiettoria. Quelle che riporta sono storie di fatica, di disperazione, di coraggio e di forza, scritte dai protagonisti quando il bisogno di comunicare il dolore, l'angoscia e la fatica era impellente. Storie spesso affidate, con semplicità e urgenza, ai post di un gruppo chiuso su Facebook, che nasce subito dopo lo scoppio della pandemia con l'iniziale intento di scambiarsi informazioni professionali utili, a cui nel corso di pochi giorni arrivano ad iscriversi 100mila camici bianchi. Questi racconti sono stati ora pubblicati per rispondere alla forte esigenza di lasciare una traccia, di storicizzare un vissuto collettivo, oltre che, naturalmente, di onorare la memoria di quanti hanno pagato il prezzo più alto.
IL RACCONTO
«Essere madre è l'esperienza più importante per chi l'ha vissuta: è vita che si dona e si condivide. E' condivisione - annota Andretta -, speranza nel futuro, amore vero, non teoria. Esperienza di bene. Fare il medico è stato sempre molto simile a questo per me e non so pensare alla mia vita se non in termini di condivisione e di partecipazione. Per questo non ho ricordi di un tempo solo mio, che forse nemmeno ho mai desiderato. Guardie, sala operatoria, reperibilità, didattica, tesi di laurea, attività scientifica, responsabilità primariale. Sempre senza orari, studiando e leggendo di notte. Sempre a sperare di essere liberi a Pasqua e a Natale. Sempre a far coincidere le ferie ed i bisogni della bambina. Sempre insieme alla ragazza che cresceva. Più di qualche volta, non sapendo a chi lasciarla, l'avevo trascinata di notte al Pronto Soccorso o fuori della sala operatoria:ad aspettare che la mamma finisse di aggiustare chi si era rotto, chi sanguinava, chi non respirava».
E adesso, nell'emergenza globale in atto, Marilisa guarda da fuori ciò che accade. Per settimane il suo ambulatorio è stato aperto solo per le urgenze. «Ho avuto tempo per riflettere... e mia figlia è lì fuori. Che senso ha tutto questo? Dopo una notte passata, tra un incubo ed un altro, a discutere di terapia con gli anestesisti, a fare tracheotomie, a proporre rimedi e assetti organizzativi, mi sono svegliata angosciata. Ho scritto un messaggio a mia figlia. La risposta mi è arrivata quasi subito: una foto con due occhioni da cerbiatto dietro alla visiera, due occhi sorridenti dentro allo scafandro. E una scritta: Mamma, non aver paura. Adesso ci sono io!». Il ricavato del libro andrà in beneficenza alle famiglie dei medici morti per Coronavirus.
Federica Cappellato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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