I NUMERI
PADOVA Nel 2012 erano 1.051, otto anni dopo sono 123 in meno. Un calo

Venerdì 26 Febbraio 2021
I NUMERI
PADOVA Nel 2012 erano 1.051, otto anni dopo sono 123 in meno. Un calo costante con 43 attività perse negli ultimi due anni. Sono i numeri dei negozi nel centro storico di Padova, secondo uno studio di Confcommercio che dipinge un quadro negativo anche per le altre zone della città: fuori dal centro si contano 52 imprese in meno nel giro di due anni. «Desolante» è l'aggettivo con cui l'associazione di categoria dipinge una situazione sempre più difficile a livello nazionale e a livello locale. Se la passano leggermente meglio, almeno dal punto di vista numerico, alberghi, bar e ristoranti che sono aumentati in centro storico. Ma attenzione: per i prossimi mesi Ascom prevede anche qui un crollo vertiginoso.
L'ANALISI
Lo studio prende in esame il periodo compreso tra il 2012 e il 2020. In otto anni «si è verificato un cambiamento del tessuto commerciale che la pandemia tenderà a enfatizzare». Per il commercio padovano il calo è pari all'11,7% in centro storico e al 12,8% fuori dal centro.
Prendendo in esame i diversi settori, chi paga maggiormente il conto è il comparto alimentare che lascia sul campo rispettivamente un 11,8% in centro e un 16,9% fuori. Interessanti i numeri relativi agli esercizi commerciali specializzati, come i negozi di abbigliamento e di arredamento per la casa. La contrazione è del 15,2% in centro e del 21,9% fuori.
Calano i negozi di alimentari sia in centro che in periferia (in due anni siamo passati da 105 a 97 e da 119 a 113) e sono in flessione con un trend simile anche i tabaccai. Impietoso il crollo degli articoli culturali e ricreativi: solo nell'ultimo biennio ne sono scomparsi 12 in centro e 8 fuori. Il boom di farmacie invece è notevole: in tutta la città in due anni sono passate da 79 a 96.
«La pandemia sottolinea il presidente dell'Ascom Confcommercio di Padova, Patrizio Bertin - ha acuito certe tendenze e ne ha modificate drammaticamente altre: nel 2021 oltre ad un calo ancora maggiore per il commercio al dettaglio, dove prevediamo un -17%, si registrerà per la prima volta negli ultimi due decenni anche la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione che pure, fino al 2020, a Padova avevano numeri in crescita: +4% in centro e +1% nelle periferie».
INFORMATICA
Confcommercio segnala che anche il commercio elettronico registra cambiamenti provocati dall'effetto pandemia. Nel 2020 è in calo del 2,6% rispetto al 2019: evidentemente non basta la corsa all'acquisto di computer per lo smart working e la didattica a distanza. Si registra negli ultimi dodici mesi anche un boom per gli acquisti di beni (anche alimentari) pari a +30,7% e un crollo dei servizi acquistati: -46,9%.
L'analisi del commercio padovano rientra all'interno di una indagine ben più ampia intitolata Demografia d'impresa delle città italiane relativa a 110 capoluoghi di provincia più altre 10 città di media grandezza, tra le quali Padova. Il quadro complessivo a livello nazionale mostra un calo del 14% dei negozi e una diminuzione analoga dei commercianti ambulanti (a Padova aumentano in centro mentre calano fuori).
I TIMORI
«Città con meno negozi, meno attività ricettive e meno ristoranti. Solo farmacie, informatica e comunicazioni riflette Bertin Così rischiamo di perdere i nostri centri storici come li abbiamo visti e vissuti prima della pandemia. È molto concreto il rischio che tutto questo si trasformi in minore qualità della vita dei residenti e minore appeal turistico». 
È la premessa per ricordare le richiesta avanzate a livello nazionale da Confcommercio alPresidente del Consiglio Mario Draghi: «Per fermare la desertificazione commerciale delle nostre città bisogna agire su due fronti: da un lato sostenere le imprese più colpite dai lockdown e introdurre finalmente una giusta web tax che risponda al principio stesso mercato, stesse regole. Dall'altro - conclude il numero uno dell'associazione di categoria - mettere in campo un urgente piano di rigenerazione urbana per favorire la digitalizzazione delle imprese e rilanciare i valori identitari delle nostre città».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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