I colleghi: «Due istituzioni culturali di questa città»

Domenica 13 Ottobre 2019
I colleghi: «Due istituzioni culturali di questa città»
LE CARRIERE
PADOVA Dicevi Granello e i presenti si alzavano in piedi. Perché quel cognome, fino a una quindicina di anni fa conosciutissimo in città, era sinonimo di cultura, con la C maiuscola.
Tanto che quei due fratelli, Gianfranco e Giorgio erano stati seduti in cattedra a Padova per decenni. Professori di scuola superiore, Gianfranco umanista laureato a Padova in Storia medievale e filosofia, noto per un'importante scoperta archeologica a Borgo Valsugana, Giorgio a Venezia in ingegneri. Entrambi dediti all'insegnamento fino a quando, a metà degli anni Settanta, Gianfranco era diventato direttore del collegio universitario Gregorianum, nel quartiere Forcellini, di proprietà della Diocesi patavina. E sulla plancia di comando vi era rimasto per ben 28 anni di fila, contribuendo a plasmare la personalità di quella dimora per studenti solo maschi, che offriva alloggio ma anche formazione, tutoraggio e svago.
«Nell'ottobre di quarant'anni fa, entrando per la prima volta nell'edificio per il colloquio di ammissione, non immaginavo certamente di legare per così lungo tempo la mia esperienza di vita ad un collegio che speravo mi ospitasse sino alla laurea, dopo la permanenza allo Studium, del quale il Gregorianum era lo sviluppo e la continuazione ideale», disse lui, in occasione del quarantesimo anniversario del collegio di cui sottolineava sempre il ruolo formativo essenziale: «Il sapersi riconoscere cristiani coscienti e testimoni nel lavoro, di una scelta di vita coerente, dimostrando altresì capacità professionali che la confermassero. L'esempio trascina ed un buon (od ottimo) professionista apertamente cristiano sarà sempre punto e faro di riferimento per tanti».
Nel 2005 si lasciò il Gregorianum alle spalle per diventare preside prima del liceo scientifico Fermi, adiacente Prato della Valle, poi del blasonato liceo classico Tito Livio delle riviere.
«Che brutta notizia, una morte così triste. Lo conobbi - ricorda Daria Zangirolami, la dirigente che una quindicina d'anni fa raccolse il testimone alla guida del Tito Livio proprio dal professor Granello - quando ci fu il passaggio sotto la mia direzione, un contatto formale, burocratico ma l'impressione che ne ebbi è che fosse un uomo molto serio e preparato».
Una sorta di «istituzione culturale», lo ricorda l'ex preside dell'istituto tecnico statale Belzoni, Cristina Pollazzi: «Conoscevo Gianfranco, che nella sua lunga carriera era stato preside anche del Belzoni, come uno studioso, una persona di grandissima cultura. Originario dell'Alto Adige ricordo che parlava spesso della madre che viveva intorno a Merano e che lui periodicamente andava a trovare». La professoressa De Marco era vicepreside al Belzoni quando Gianfranco Granello ne era il direttore: «L'ultima volta l'ho incontrato tre anni fa, un'ottima persona mentre suo fratello Giorgio era stato docente all'istituto Boaga, prima che il Belzoni e il Boaga si fondessero insieme. Insegnava costruzioni».
Insomma due brave persone, che amavano la lettura, la formazione, educatori nel senso più vero e pieno della parola. Poi gli anni bui, quelli della malattia e della solitudine, dopo la morte dell'anziana madre e una simbiosi tra i due ancora più forte, un reggersi e sorreggersi a vicenda. Colpito dal morbo di Parkinson Giorgio, da un tumore ormai in fase avanzata Gianfranco, sono finiti uniti nella morte come nella vita. Tra lo stupore e lo sconcerto dell'intellighenzia patavina, che li ha visti per lustri in prima linea, come esponenti di una cultura profonda e di un fare cultura alto.
Federica Cappellato
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