Remi e corde da scalata, addio all'alpinista Carlo

Giovedì 19 Settembre 2019
I FUNERALI
VILLAFRANCA PADOVANA Un addio commosso e partecipato quello che ieri pomeriggio a Taggì di Sotto ha accompagnato Carlo Gomiero, il giovane ingegnere amante della montagna, morto nella tragedia del Sass Maor, dove ha perso la vita anche l'amico infermiere di Monselice, Michele Chinello di 51 anni. È stato il giorno dell'ultimo saluto al trentenne di Villafranca Padovana, cuoco al rifugio Velo della Madonna, che ha visto la chiesa accogliere i molti amici che si sono stretti al dolore dei genitori, della fidanzata Anna e della sorella Arianna.
IN CHIESA
Il feretro di Carlo è arrivato in chiesa un po' prima dell'inizio della cerimonia funebre, ed è stato accompagnato all'interno da parenti e amici in attesa dell'inizio del rito funebre. E in tanti hanno voluto prendere parte al funerale, colpiti dalla tragica scomparsa del giovane amico, e molti sono rimasti a seguire la celebrazione sul sagrato della chiesa. Appoggiata sul feretro la maglia della Canottieri di Padova, società nella quale Carlo ha militato tanti anni dedicandosi al canottaggio che l'ha portato ad indossare anche la maglia della Nazionale, con la quale ha conquistato il record italiano nella categoria ragazzi di canottaggio indoor. Uno sport che aveva praticato a lungo con grande passione e dedizione: ai piedi dell'altare gli amici della società sportiva di Padova hanno voluto ricordare l'amore del trentenne per lo sport sistemando tre remi vicino al feretro, quasi a volerlo accompagnare ancora vogando anche in questo suo ultimo viaggio. Accanto alla maglia della società sportiva, la tuta della Nazionale che Carlo indossava nelle gare.
L'OMELIA
Ad officiare la cerimonia funebre padre Alessandro Fortin, francescano conventuale della Basilica del Santo, e con lui don Paolo Pegoraro, parroco di Taggì, i sacerdoti di Villafranca e di Ronchi, e le corali di Resana ad accompagnare la liturgia. «Il Signore in questi giorni ha messo a dura prova tutti i nostri animi, al punto tale che fatichiamo a riconoscerla come vera questa realtà, piena di sgomento e di angoscia ha detto padre Alessandro nell'omelia - L'esperienza della morte sconvolge tutti, perché in modo crudo e duro dice la grande fragilità che abbiamo in noi. E una morte come quella di Carlo ancora di più ci sconvolge perché è repentina, improvvisa, prematura che cambia tanto l'esistenza di chi resta. Le parole di un salmo dicono che ognuno di noi è un mistero di fragilità e di debolezza, sostenuto è vero da sogni, progetti, speranze che lo spingono a guardare sempre avanti in una voglia inarrestabile di futuro». E Carlo era proprio così: «Una fucina creativa di futuro ha detto ancora il sacerdote - Progetti che si lasciavano modificare da ogni evento per apprezzare sempre di più la vita, gustare l'avvenire e riconoscere e conoscere sempre di più la bellezza più piena. Così Carlo passava dallo sport che fa gustare la risposta del corpo messo alla prova, alla mente dell'ingegnere che trova nuove soluzioni ai quotidiani problemi per arrivare alla gratificazione nel cucinare il cibo per gli ospiti del rifugio e terminare la giornata ai piedi di una montagna, illuminata da un tramonto». «Ma ora qui, accanto al nostro Carlo così sembra la fine di tutto ha concluso ma la parole di Dio ci assicura che questo è solo ciò che appare, ci vuole fede, ma la realtà è diversa».
LA PARTECIPAZIONE
All'uscita dalla chiesa il saluto commosso, che ha visto fra i partecipanti anche gli amici del Cai, del Soccorso alpino e dell'Anmil Sport Italia, fondazione che consente l'attività sportiva alle persone disabili legata ad Alex Zanardi.
Barbara Turetta
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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