«Ho visto persone morire altre urlavano disperate»

Venerdì 4 Dicembre 2020
«Ho visto persone morire altre urlavano disperate»
LA TESTIMONIANZA
PADOVA Un ricovero di due settimane in ospedale e la paura di morire soffocato a causa del Covid. La polmonite bilaterale ha colpito anche Maurizio Marcassa, 74 anni, anima del terzo settore in città. Presidente della consulta 5A, è stato fondatore ed ex presidente di Aics Padova, e attuale presidente di Aics Solidarietà e di Aics Rovigo. Lui, originario di Badia Polesine, ma adottato da Padova già nel lontano 1975, ha avuto un intenso passato politico e da vent'anni è anche presidente dell'associazione Amici della Russia.
Quando si è accorto di stare male?
«Era il 4 novembre e avevo la febbre, attorno ai 38 gradi. Il giorno dopo mi sono recato allo stadio Euganeo per effettuare il tampone ed è stato un errore. In mezzo a settecento persone sono stato per tre ore sotto il sole. Il tampone rapido è risultato negativo, così mi hanno sottoposto a quello molecolare».
E cosa è successo?
«Il responso della positività al Coronavirus è arrivato dopo quattro giorni, e nel frattempo sono rimasto a casa con la febbre. Un po' non volevo crederci, pensavo che il termometro fosse rotto. Poi la mattina dell'11 novembre la febbre è salita fino a 39 gradi e un paio di giorni più tardi mio fratello ha deciso di farmi ricoverare. Stavo male, non ero più in me. Mi muovevo per casa senza sapere quello che stavo facendo».
In quale reparto è stato ricoverato?
«Sono finito all'ottavo piano del Monoblocco in un reparto Covid. Il virus mi aveva intaccato gli alveoli polmonari, avevo una polmonite bilaterale. Sono stato attaccato all'ossigeno e mi hanno somministrato cortisone e altri medicinale per fare scendere la temperatura. Faticare a respirare è terribile, non lo auguro a nessuno».
Il recupero?
«Grazie all'equipe che mi ha seguito, dopo circa sei giorni sono stato trasferito nel reparto di medicina generale dove lentamente ho ripreso le forze. Ma ancora oggi, sono tornato a casa da un paio di giorni, sono molto stanco. Dividevo la stanza con un noto giornalista e per fortuna ci siamo fatti compagnia. Abbiamo parlato di viaggi e ci siamo promessi di farne qualcuno».
Attorno a lei ha visto tanta sofferenza?
«Ho visto persone morire e ho sentito persone urlare dalla disperazione. Stare in ospedale non è facile, non vedevo l'ora di essere dimesso. Medici e infermieri sono stati eccezionali, ma erano sempre bardarti dalle protezioni per evitare di infettarsi. Così coperti non sentivano il caldo e il freddo. E spesso lasciavano le finestre aperte del reparto per fare circolare l'aria, ho sofferto anche il freddo. Un paio di giorni sono arrivato a tremare».
Ha capito dove può avere contratto il virus?
«No, sono sempre stato molto attento. Tuttavia da una ventina di anni soffro di diabete e questo ha inciso molto. Adesso spero di riprendermi al meglio per proseguire con le mie attività».
Vuole lanciare un messaggio?
«Sì, a tutti dico di non sottovalutare il Covid. Può essere una malattia molto pericolosa, bisogna sempre tenere alta la guardia. L'augurio è che tutto questo finisca il prima possibile».
Marco Aldighieri
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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