Franca, dai piatti al volante: «Vi spiego una scelta di vita»

Domenica 25 Marzo 2018
Franca, dai piatti al volante: «Vi spiego una scelta di vita»
L'INTERVISTA / 1
ARZERGRANDE Serviva raffinati piatti in tavola lavorando in alcuni eleganti ristoranti del Padovano e del Veneziano, ora guida un bestione pesante 180 quintali quando è a carico pieno. «Non chiamatemi camionista. Mi piace la definizione di autotrasportatrice» mette subito le mani avanti Franca Perosa, 44enne chioggiotta che vive ad Arzergrande. Da questo piccolo comune padovano fa base per poi viaggiare in tutto il nord Italia, lavorando in un settore composto quasi esclusivamente da colleghi uomini. Franca Perosa è infatti la titolare dell'azienda di autostraporti che porta il suo nome. La sede legale è ad Arzegrande, quella commerciale a Padova. L'inizio dell'avventura è stato frutto di una scelta di vita ben precisa.
Franca, come ha iniziato?
«Ho lavorato per anni nel settore della ristorazione, nell'area della Saccisica e non solo. Facevo la responsabile di sala, ho svolto pure il corso da sommelier e quello per la degustazione di formaggi. Mio marito faceva già il camionista, ma non riuscivamo mai a incrociarci con gli orari. Quando lui era a casa io lavoravo, e viceversa. È a quel punto che ho deciso di farla finita con la ristorazione.
Dalla cucina al volante?
«Esattamente. Prima sono salita in camion con mio marito, giusto per farli compagnia, poi ho deciso di cimentarmi anche io alla guida. Sono partita con un furgone, lavorando per una cooperativa, ma è durato poco. Ero giovane, avevo voglia di crescere. Per questo mi sono formata, ho preso la licenza di autotrasportatrice e ho iniziato a lavorare in proprio. A luglio 2007 ho aperto un'azienda assieme al mio marito».
Scommessa vinta?
«Assolutamente sì. Alcuni anni fa eravamo anche in cinque, poi la crisi economica si è fatta sentire e questo settore ne è stato profondamente colpito. Ora siamo in tre: io, mio marito e un dipendente. Siamo soddisfatti, il lavoro procede e mi appassiona. Abbiamo quattro mezzi, in base alle esigenze».
Lei quale guida?
«Ora mi sto muovendo con una motrice di 12 metri da 320 cavalli. All'80% lavoriamo per Poste Italiane. Una tratta che faccio spessissimo è la Brescia-Padova, andando a ritirare grandi quantità di posta aerea all'aeroporto commerciale di Brescia».
Quali sono le difficoltà maggiori che ha incontrato?
«Penso al maltempo, soprattutto alla neve. Quando il camion slitta difficilmente lo recuperi. Mi fa una certa impressione vedere gli incidenti: sono gli unici momenti in cui mi chiedo cosa ci faccio qui».
E le soddisfazioni più grandi?
«Quando gli uomini mi fanno i complimenti per una manovra stretta che azzecco. Magari è solamente un colpo di fortuna. Anzi, quasi sempre sono colpi di fortuna!».
Si è sentita fin da subito portata per questo mestiere così maschile?
«Il fisico mi aiuta, sono alta 1.75 e in cabina mi sento a mio agio. Ora ho la patente C, quella per la guida dei camion classici, ma intendo prendere pure quella per gli autoarticolati».
I colleghi uomini come l'hanno accolta nel loro mondo?
«Sono rimasta stupita in positivo: avevo un'idea sbagliata dei camionisti. Ho trovato moltissimo rispetto e non mi sono mai imbattuta in atteggiamenti volgari. Sono sempre tutti gentili, anche nel caso di problemi meccanici. Ma ormai mi so arrangiare: passo moltissimo tempo in officina perché del mio mezzo voglio sapere tutto».
E le notti in autostrada?
«Le aree di servizio non sono certo l'ideale per una donna, ma non ho paura. Ho la branda dentro il camion e parcheggio sempre in luoghi sicuri. Questo mezzo ormai rappresenta la mia vita».
G.Pip.
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