Esami sui gatti dei contagiati, l'Università torna sui Colli

Venerdì 17 Aprile 2020
Esami sui gatti dei contagiati, l'Università torna sui Colli
LO SCREENING
VO' I loro padroni, residenti a Vo', primo focolaio italiano di Coronavirus insieme a quello lombardo di Codogno, sono già stati sottoposti a due giri di tamponi. Adesso sotto la lente di ingrandimento degli scienziati padovani ci sono loro: i gatti domestici del paesino collinare che ora è a contagio zero. L'obiettivo del nuovo studio è capire se e in quale misura i felini di casa possano fungere da serbatoio del virus, rappresentando un eventuale veicolo di ritorno del contagio una volta che l'infezione nell'uomo sarà controllata. Uno scenario poco probabile secondo gli scienziati, ma per escludere del tutto l'ipotesi servono prove scientifiche. A cercarle è un'équipe composta da quattro ricercatori dell'Università di Padova, (dei dipartimenti di Biomedicina comparata e alimentazione e di Medicina animale, produzioni e salute) a cui si affianca un collega dell'Istituto Zooprofilattico delle Venezie, con la supervisione dei Servizi veterinari della Regione. La squadra di ricercatori, di cui è coordinatore scientifico il professor Massimo Castagnaro (nella foto), ordinario di Patologia generale veterinaria nell'ateneo patavino, eseguirà un test sierologico sul sangue dei gatti domestici che vivono a stretto contatto con i contagiati del cluster di Vo'.
CASO DI STUDIO
Il paesino collinare da 3.300 abitanti è un caso di studio unico al mondo visto che le due campagne di screening hanno permesso di mappare con precisione il comportamento del virus. Con questa nuova ricerca Vo' farà ancora una volta da apripista visto che il test sarà esteso anche agli altri focolai in essere. Nel sangue dei felini dei contagiati l'équipe cercherà sia la presenza del virus, sia gli anticorpi. Proprio come le università di Padova e Verona stanno facendo sul sangue dei loro padroni. Ma perché proprio i gatti e non i cani, così diffusi come animali domestici? «Il motivo sta nelle basi scientifiche spiega il professor Castagnaro innanzitutto nel gatto ci sono recettori che hanno una buona affinità per il virus. Inoltre le infezioni sperimentali condotte in Cina indicano che tra gli animali il gatto e il furetto sono quelli che replicano meglio il virus. Da ultimo, a Wuhan (primo focolaio del Covid-19, ndr) è già stato fatto uno studio sierologico sui gatti ed è emerso che il virus era presente nel 10-15 per cento dei felini appartenenti a persone contagiate. Al momento non c'è dubbio sul fatto che i gatti domestici siano stati contagiati dall'uomo. Sappiamo anche che nei pochi casi clinici riscontrati, la malattia compare in forma molto lieve, l'equivalente di un raffreddore».
La sfida, per i ricercatori è capire come gli amici a quattro zampe reagiscono al virus ed eventualmente se possono giocare un qualche ruolo nel contagio, soprattutto quando la trasmissione da uomo a uomo sarà sotto controllo. «I prelievi sono su base volontaria spiega Castagnaro accetteremo la disponibilità dei proprietari che vorranno far esaminare i loro animali, cercando di evitare sofferenze ai gatti. Gli animali non vanno sbattuti fuori casa per timore del contagio, basta attenersi alle precauzioni: se in famiglia ci sono dei positivi, è bene che anche con i felini vengano rispettate le distanze». Un primo passaggio per ridurre l'invasività del test consiste nel contattare i veterinari di zona e verificare la presenza di campioni di sangue già prelevati per altri motivi ai gatti delle persone contagiate. Altrimenti l'unica altra strada resta sedare i felini ed effettuare il prelievo. Il sindaco-farmacista Giuliano Martini è fiducioso sulla buona risposta da parte dei suoi concittadini: «Come ho detto già in occasione della seconda campagna di tamponi, il nostro è un piccolo sacrificio che però può fornire informazioni preziose per l'intera comunità scientifica. A noi vadensi non costa nulla, ai nostri gatti soltanto una piccola puntura».
Maria Elena Pattaro
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