Dai locali agli alberghi: crollano le assunzioni

Lunedì 19 Ottobre 2020
LO SCENARIO
PADOVA Da un lato il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato, dall'altro le mancate assunzioni stagionali negli alberghi e nelle attività ristorative. Il mix è micidiale e l'effetto è certificato dall'ultimo report dell'ente Veneto Lavoro: in provincia di Padova quest'anno si registrano 6.071 posti di lavoro in meno. «Le conseguenze della pandemia si fanno sentire. Il costo più alto è pagato dalle province dove le attività stagionali hanno un'incidenza maggiore» leggiamo nell'analisi che accompagna il report. Tra gennaio e settembre in provincia di Padova sono state registrate 49.284 assunzioni a fronte di 46.725 contratti terminati. Il saldo è dunque di 2.559 posti di lavoro. Nello stesso periodo dell'anno scorso, però, le assunzioni erano state un numero ben più alto (63.775, che significa 14 mila in più) e le cessazioni dei rapporti erano state 55.125. Il saldo? 8.630. Ecco come si arriva a calcolare gli oltre seimila posti di lavoro in meno. Il periodo più buio ovviamente è stato quello di aprile, maggio e giugno mentre nell'ultimo trimestre la ripresa è stata evidente: 204 posti di lavoro in più rispetto al 2019.
Prendendo in esame l'intera regione, nei primi nove mesi dell'anno la diminuzione di posti di lavoro è stata di 44.500. Numeri negativi nonostante il divieto di licenziamento e l'utilizzo ricorrente della cassa integrazione in deroga. «Il dato - proseguono gli analisti di Veneto Lavoro - è frutto prevalentemente del forte calo delle assunzioni avvenuto nel corso dell'anno, con un -47% nella fase più acuta dell'emergenza. Pensiamo soprattutto ai contratti a tempo determinato solitamente attivati nei settori legati al turismo». Tra le province venete quelle più colpite sono Venezia (-14 mila) e Verona (-12 mila). Sul podio negativo c'è poi proprio la provincia di Padova.
I SETTORI
Il turismo è il settore maggiormente falcidiato: qui si concentra il 37% della perdita occupazionale. A seguire il metalmeccanico, la logistica e il commercio. Solo editoria-cultura e servizi finanziari hanno mostrato un saldo occupazionale migliore rispetto al 2019, seppure su valori marginali. Guardando al numero di assunzioni, l'editoria-cultura registra comunque uno dei dati più negativi (-64%), superato solo dall'occhialeria (-70%) e seguito da turismo (-40%), moda (-35%) e metalmeccanico (-31%). Risultati positivi si osservano invece nell'industria farmaceutica. Stabili agricoltura e sanità.
IL RISCHIO
Uno dei comparti dove la crisi si è sentita maggiormente è senza dubbio quello termale. «A soffrire di più sono, nell'ordine, le città d'arte, le terme, la montagna e poi il mare. La situazione è drammatica - conferma l'architetto Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme Abano Montegrotto - Il rischio che stiamo correndo è quello di perdere moltissima professionalità. Tanti lavoratori infatti davanti questa situazione decideranno purtroppo di cambiare mestiere. Se il turismo non viene aiutato, cosa finora successa in minima parte se consideriamo che questo è il comparto che ha risentito più di tutti della crisi, soffriremo in modo molto pesante anche per gli anni a venire. Qui rischiamo di perdere in un anno duemila posti di lavoro e il dato sull'occupazione è falsato: se non ci fossero la cassa integrazione e il divieto di licenziamento i posti di lavoro persi sarebbero infatti molti di più».
GLI ESPERTI
Per il comparto industriale è ancora presto, invece, per tirare bilanci: «Oggi soffrono turismo e commercio, per quanto riguarda il settore manifatturiero invece dobbiamo attendere l'anno prossimo perché gli effetti si vedono a medio termine e non con gli incassi alla fine di ogni giornata - osserva Davide D'Onofrio, direttore dell'associazione di categoria Confapi - L'anno prossimo vedremo gli effetti internazionali di un anno senza fiere e senza incontri faccia a faccia come eravamo abituati».
Samuel Scavazzin, segretario generale della Cisl Padova Rovigo, invoca «un piano per il rilancio delle imprese a lungo termine, perché non basta salvarle nell'immediato». A livello regionale spinge per «un patto per i giovani, un piano di alfabetizzazione digitale e un Veneto sempre più verde, attrattivo e connesso». A livello nazionale, invece, «serve detassare gli straordinari e i premi di produzione».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci