«Che spettacolo la mediana formata da Pardies e Babrow»

Lunedì 20 Luglio 2015
Franco Baraldi (nella foto), sei scudetti con il Petrarca tra il 1970 e il 1982, 13 caps in nazionale, non ha dubbi. «Gli stranieri più forti che hanno indossato la maglia bianconera - dice - sono quelli del mio periodo. Qualche anno dopo è arrivato il professionismo e per le squadre italiane non è più stato possibile ingaggiare i fuoriclasse. Se mi chiedete di fare solo cinque nomi - prosegue - dico i sudafricani Nelson Babrow e Theuns Stofberg, il francese Guy Pardies e gli australiani Roger Gould e David Campese. Tutti nazionali. Stofberg è stato addirittura capitano degli Springboks, Campese ha giocato più di 100 partite con l'Australia, vincendo un mondiale e ancora oggi è considerato uno dei più forti giocatori di tutti i tempi. Pardies era carismatico e simpatico, e non a caso, Memo Geremia, nella stagione 1976-77, gli affidò il duplice ruolo di giocatore allenatore».
«I giocatori che ho citato - spiega Baraldi - facevano la differenza, hanno fatto vincere scudetti e si sapevano integrare bene in un ambiente particolare come è quello del Petrarca, cosa che è fondamentale. Ricordo una partita del XV del Presidente contro gli All Blacks, con la coppia mediana formata da Pardies e Babrow: uno spettacolo».
E quelli di oggi? «Ci sono stati e ci sono dei buoni giocatori, ma non paragonabili neanche lontanamente a quelli di una volta. In quale squadra italiana ci sono nazionali del Sudafrica o dell'Australia? In nessuna. Al massimo arrivano elementi di seconda fascia o a fine carriera. È la realtà, non sono né nostalgico né distruttivo. Tra quelli del Petrarca che mi hanno favorevolmente impressionato negli ultimi anni, dico Little, Galatro, Sisa Koyamaibole - che era giovanissimo e poi ha fatto una discreta carriera internazionale - e Costa Repetto, che ha segnato le due mete decisive dello scudetto del 2011. Ludovic Mercier? Troppo discontinuo, anche se indubbiamente di una caratura superiore alla media attuale». In questa carrellata non si può scordare Cameron Oliver, mediano di apertura sudafricano di gran classe e dal piede fatato, scomparso in un incidente d'auto nell'estate del 1993.
«Non mi pare - conclude Baraldi - che il rugby italiano stia progredendo. Che stimoli potrebbe mai avere un David Campese a venire oggi a giocare in un campionato come quello di Eccellenza? Non credo sia stata un'idea vincente creare le franchigie - Benetton e Zebre - e le Accademie giovanili. Servono idee nuove».
a.z.

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