Case di riposo, posti vuoti e conti in rosso

Giovedì 25 Febbraio 2021
I NODI
PADOVA Prima la crisi sanitaria, poi quella economica. Le case di riposo stanno scacciando l'incubo del virus grazie ai vaccini, ma al sollievo non possono accompagnarsi i sorrisi. La grande maggioranza delle strutture in provincia di Padova è infatti alla prese con il netto calo delle iscrizioni e con bilanci che fanno paura. A un anno di distanza dall'esplosione della pandemia, gli effetti sono decisamente preoccupanti.
I NUMERI
Considerando le 43 residenze pubbliche e private, sia diurne che h24, i posti accreditati per ospiti non autosufficienti sono 5.089. Oggi risulta libero oltre il 15% dei letti totali. A dare uno spaccato è Michele Roveron, segretario padovano della Cisl Fp. «Le case di riposo negli ultimi mesi si sono svuotate per due motivi. L'altissimo numero dei decessi e la paura di molte famiglie, anche se oggi grazie ai vaccini queste residenze sono molto più sicure di altri luoghi. Nonostante diverse strutture siano ormai Covid free, le iscrizioni continuano a calare. Tanti preferiscono assumere una badante in casa. Fino ad un anno fa il problema era il contrario e in moltissimi casi c'erano anche lunghe liste d'attesa».
IL PROBLEMA
Roberto Volpe, presidente dell'Unione regionale degli istituti per anziani (Uripa), conferma i numeri negativi, assicura che «nei prossimi mesi si rischia di peggiorare» e rimarca un'ulteriore problema: la carenza di personale. «Considerando tutti i posti-letto presenti in provincia di Padova, servirebbero almeno 200 infermieri. Alcune strutture stanno evitando di accogliere nuovi ospiti proprio per questo motivo: se ho 100 posti letto e mi servono 10 infermieri, dal momento che di infermieri ne ho solo 7 andrò ad occupare massimo 70 posti». Ma accogliere meno anziani significa ricevere meno introiti da reinvestire poi sulle assunzioni: è il cane che si morde la coda.
Volpe va alla radice della questione: «Gli infermieri non si trovano e non c'è stata una programmazione sufficiente a coprire il fabbisogno. Ci sono stati dei concorsi pubblici con migliaia di partecipanti, certo, ma erano quasi tutti già dipendenti. Ad essere penalizzate sono soprattutto le strutture private: anche a parità di retribuzione quasi tutti vanno nel pubblico. Scegliere tra lavorare in ospedale e lavorare in una casa di riposo privata è come scegliere tra andare al Milan o stare in una squadra di provincia. Fisioterapisti e logopedisti, invece, qui abbondano. Il rischio è che dovremo andare ad intervenire sugli organici». Volpe gestisce due strutture nel Vicentino e una in Lombardia: «Non riusciamo a programmare le ferie, questa estate sarà un disastro».
I CONTI
Messe in sicurezza le strutture dal punto di vista sanitario, ora la preoccupazione si sposta sui conti. Gli enti in questi giorni stanno lavorando al Bilancio di Previsione 2021 dove si registrano perdite che in alcuni casi arrivano a 500 mila euro. «I bilanci saranno quasi tutti negativi. Abbiamo avuto minori ricavi ma maggiori costi - spiega Volpe - Tra sanificazioni e dispositivi abbiamo speso centinaia di migliaia di euro. Speriamo che nessuno alzi bandiera bianca, ma ricordo che una normale azienda che si trova in situazione simile è destinata a portare i libri i Tribunale. Le rette sono state alzate dell'uno o del due per cento. Ma non basta a coprire le perdite». Ora le richieste sono due: «Aiuti dallo Stato e programmazione per trovare infermieri. Anche corsi accelerati sarebbero utile per far fronte all'emergenza».
I VACCINI
Nelle case di riposo l'adesione alla vaccinazione anti-Covid supera il 95% tra gli ospiti (sono stati esclusi quasi solo quelli impossibilitati per la presenza di altre patologie) mentre trova numeri più bassi tra il personale: inizialmente si aggirava sul 65%, ora ci stiamo avvicinando all'80. «Serve chiarezza dal punto di vista legislativo: le case di riposo come devono comportarsi con i lavoratori non vaccinati?» chiede Roveron. Poi allarga il concetto: «Spero che la Regione acceleri la riforma delle Ipab. Vanno ripensate. Sono sempre meno seconde case e sempre più depandance degli ospedali, simili ai reparti di geriatria».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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