Aziende truffate: raffica di condanne e rinvii a giudizio

Martedì 11 Febbraio 2020
Aziende truffate: raffica di condanne e rinvii a giudizio
MONTEGROTTO
Una condanna con rito abbreviato, due patteggiamenti, una decina di rinvii a giudizio e due assoluzioni. Si è conclusa così l'udienza preliminare relativa ad un gran numero di truffe (ed alcune bancarotte) messe a segno da un gruppo specializzato nell'acquisizione di ditte in crisi con l'obiettivo di riciclare soldi sporchi e quindi ordinare merce per decine di migliaia di euro senza pagarla, con grave danno per gli ignari fornitori: ditte di tutta Italia, molte delle quali in Veneto, tra le province di Venezia, Padova e Treviso.
Il giudice Luca Marini ha inflitto due anni di reclusione ad Antonio Garruzzo, veneziano di San Donà (accusato di ricettazione), assolvendo sia il contabile veneziano Dario Bozzi, residente a Portogruaro, dall'imputazione di ricettazione di cialde e macchine da caffè, sia Adriano Nero, di Lamezia Terme, imputato di violenza privata.
Patteggiamento a due anni per Maurizio Catania, di San Donà (riciclaggio) e ad un anno e 4 mesi per Omar Gianduzzo, veneziano di Jesolo (bancarotta, mentre le truffe sono ormai prescritte). Alcune posizioni sono state trasmesse a Treviso, in relazione a presunte truffe commesse a Meduna di Livenza, dove era stata aperta una delle ditte fantasma, Natura e frutta srl. Il dibattimento di fronte al Tribunale di Venezia è stato fissato per il prossimo 25 settembre. Tra gli accusati figurano anche Umberto Claudio Agostini, di Pescara, Salvatore Brizzi di Lamezia Terme, Salvatore Calabrese di Salerno, Domenico Nigro di Lamezia, Catia Pasqualetto di Mirano, Lorenzo Simoni di Favaro, Alberto Vallese di Jesolo, Sauro Veronese di Favaro.
L'operazione risale alla primavera del 2017, quando fu eseguita una misura cautelare a carico di una ventina di persone. L'ipotesi iniziale degli inquirenti era che il meccanismo criminale fosse stato escogitato da uomini dell'ndrangheta calabrese, anche con la complicità di alcuni imprenditori locali. Al momento della richiesta di rinvio a giudizio, però, la Procura non ha contestato alcun reato connesso alla mafia, limitandosi a formulare imputazioni di bancarotta, ricettazione, riciclaggio e truffa in relazione ai singoli episodi finiti sotto inchiesta. Lunga la lista delle società truffate, da Marcon a Vigonza, da Pianiga a Polverara, da Castelfranco Veneto a Montegrotto Terme, da Portogruaro a Vascon di Carbonera. I fornitori vittime del gruppo criminale sono complessivamente 150, ed erano definiti in gergo limoni dai truffatori, che manifestavano l'evidente volontà di spremerli più possibile. Il meccanismo escogitato ha funzionato in molti casi: le società restavano aperte soltanto per pochi giorni, giusto il tempo per ordinare la merce e, dopo averla ricevuta, chiudevano i battenti senza pagare. In gran parte dei casi si trattava di forniture da poche migliaia di euro, ma in un caso la perdita ammonta a più di 50 mila euro.
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