Aversa sentito per sei ore racconta la sua verità

Martedì 16 Ottobre 2018
Aversa sentito per sei ore racconta la sua verità
L'INCHIESTA
PADOVA Oltre sei ore di interrogatorio, dalle 12.30 alle 18, dove l'ex vice prefetto vicario Pasquale Aversa, sotto le incalzanti domande del sostituto procuratore Sergio Dini titolare delle indagini, ha raccontato la sua verità sullo scandalo dei migranti. È stato accusato di avere agevolato l'attività della cooperativa Ecofficina (ora Edeco) tenendo stretti contatti con il cervello della coop Simone Borile e con la moglie Sara Felpati, anche loro iscritti nel registro degli indagati.
L'INTERROGATORIO
Pasquale Aversa, 62 anni e di origine napoletana, era già stato commissario prefettizio ad Abano dal giugno 2016 al giugno del 2017 dopo l'arresto del sindaco Luca Claudio coinvolto nella Tangentopoli delle terme. Aversa difeso dall'avocato Maira Cacucci del foro di Milano, già lo scorso agosto dopo avere ricevuto l'avviso di garanzia, aveva espresso la volontà di essere sentito. E ieri, negli uffici del Nucleo investigativo dei carabinieri nella caserma di via Rismondo, è stato interrogato per oltre sei ore dal pubblico ministero Sergio Dini. L'ex vice prefetto vicario di Padova ha raccontato la sua verità, dimostrandosi collaborativo e rispondendo a tutte le domande del sostituto procuratore. Ha ricordato come le regole non sono mai state infrante. Sottolineando che bisognava risolvere i problemi scaricati dal Ministero per trovare una sistemazione a centinaia di migranti e che gli ordini venivano impartiti dal prefetto Patrizia Impresa. Attualmente Pasquale Aversa lavora nel Dipartimento per il personale del Ministero dell'Interno. Questa estate era stato nominato commissario straordinario del comune di Gioia Tauro sciolto per mafia, ma è stato lo stesso Aversa a voler essere sollevato dall'incarico una volta ricevuto l'avviso di garanzia sullo scandalo della gestione dei centri di accoglienza.
LE INDAGINI
Nei prossimi giorni il magistrato sentirà anche il vice prefetto Alessandro Sallusto finito nel filone bis dell'inchiesta. È accusato del reato di rivelazione dei segreti d'ufficio. A incastrare Sallusto sarebbero state un paio di intercettazioni telefoniche relative all'ex caserma Prandina. Il 25 settembre del 2015 ha chiamato Sara Felpati. «Sono in una struttura di via Cave per una ispezione e gli ispettori ministeriali in mia compagnia vogliono visionare il centro della Prandina in giornata... ma non c'è da preoccuparsi, è solo per conoscere il campo profughi e non si tratta di una ispezione ufficiale». Poi il 26 ottobre del 2015 ancora con Sara Felpati. Nell'occasione l'ha avvisata di un sopralluogo nell'ex caserma da parte della comunità di Sant'Egidio. Alla fine della telefonata i due si sono messi a ridere.
Marco Aldighieri
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