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PADOVA Letti liberi, meno entrate, mancanza di infermieri. E ora ci

Giovedì 25 Febbraio 2021
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PADOVA Letti liberi, meno entrate, mancanza di infermieri. E ora ci si mettono anche i no-vax. Le case di riposo del Padovano sono in difficoltà e i motivi sono diversi. Cominciando dai posti letto rimasti vuoti un po' a causa dei decessi dell'ultimo anno, un po' per i ritardi nelle nuove assegnazioni, un po' per paura vista la strage di una generazione per il Coronavirus.
«Su 200 letti abbiamo 30 posti liberi riferisce Bruno Coccato, presidente del Craup di Piove di Sacco dove si è verificato uno dei focolai più grandi delle Rsa Da fine gennaio abbiamo ricominciato ad accogliere gli ospiti nuovi ma è un processo molto lento, prima devono restare in quarantena. Noi forse siamo più penalizzati perché abbiamo avuto diversi casi e oltre trenta perdite». Una situazione che aggrava le finanze delle case di riposo che hanno visto i costi lievitare a causa di tutte le spese connesse al Covid, dai dispositivi di protezione ai prodotti per la sanificazioni, spese che non vengono pareggiate dalle rette.
«È un grosso problema che dovrà essere risolto conferma Fabio Incastrini, presidente dell'Ira di Padova Soprattutto perché dobbiamo dare un servizio alle famiglie. Nelle Rsa gli anziani sono più al sicuro anche grazie ai protocolli stringenti e ci sono persone che hanno bisogno di un'assistenza che non può essere fornita dalle famiglie. Su 480 posti letto circa 80 sono liberi». E i bilanci soffrono: le previsioni per il 2021 non sono rosee.
Per il Craup, Coccato fa sapere che «se non avessimo avuto delle riserve da parte, raccolte negli anni, la perdita sarebbe di oltre 500 mila euro, i costi sono stati davvero ingenti», mentre all'Ira Incastrini riferisce che «le perdite dovrebbero essere contenute, fortunatamente anche in passato la gestione è sempre stata oculata. Però i ricavi hanno subìto una contrazione significativa e non vogliamo aumentare le rette per non pesare sulle famiglie. Uno o due mesi si possono affrontare in queste condizioni ma due anni sono tanti».
Altro tasto dolente è quello del personale infermieristico e medico che manca. «Per fortuna abbiamo un'ottima organizzazione e riusciamo a offrire un'assistenza adeguata ma è innegabile che ci servirebbero infermieri in più dice Incastrini . Non solo, ci servono anche medici ma non se ne trovano: noi siamo una delle pochissime strutture che ha medici interni. A lungo andare se non riusciremo a risolvere il problema una ricaduta sul servizio sarà inevitabile».
In uno scenario nient'affatto semplice da gestire si aggiunge il problema dei lavoratori no-vax. La preoccupazione è che possano infettarsi e portare il virus all'interno delle strutture che ospitano persone anziane e fragili. «Non sono molti, una decina su 200 lavoratori se contiamo sia i nostri dipendenti sia quelli delle cooperative spiega Coccato È un problema non da poco e stiamo cercando di capire se la legge ci permette di obbligarli a vaccinarsi. Il nostro obiettivo deve essere tutelare gli ospiti e anche i colleghi che per via di alcune patologie non possono sottoporsi al vaccino».
Lo stesso sta accadendo all'interno dell'Ira dove i no-vax «sono una minima parte ma ci sono, è anche questo un problema che va affrontato dice il presidente . Stiamo facendo diverse riunioni con degli specialisti che spieghino gli effetti del vaccino, speriamo che la campagna informativa faccia presa e convinca tutto il personale a vaccinarsi. In caso contrario sarà da capire se il vaccino possa essere considerato un requisito per svolgere questo lavoro e quindi chi non lo fa sia non idoneo automaticamente». Una questione complicata, soprattutto per strutture che ospitano anziani, e sulla quale si attendono istruzioni.
Silvia Moranduzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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