«Appena esco dal carcere vado in Siria a combattere»

Sabato 12 Gennaio 2019
L'INDAGINE
PADOVA La cerimonia della preghiera del venerdì si teneva nella sua cella. Era un vero e proprio appuntamento fisso: lui, il leader, indossava la tipica tunica dell'imam. I devoti, altri carcerati, lo consideravano una vera guida. Emergono nuovi particolari legati all'indagine che ha portato al rimpatrio del trentunenne tunisino Mahmoud Jebali, detenuto fino a due giorni fa dietro le sbarre del Due Palazzi di Padova, sospettato di essere un terrorista.
Sono state le segnalazioni degli agenti di custodia e le indagini del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria (denominato Nic) a far emergere gli aspetti potenzialmente più pericolosi dell'uomo, padre di un figlio dei sei anni avuto con una padovana di ventisei anni. A riferire i particolari è proprio uno degli agenti del Nic, coperto dall'anonimato per motivi di sicurezza. «Abbiamo cominciato a tenerlo d'occhio dopo che aveva minacciato un agente urlandogli contro Prima o poi morirete tutti, entreremo nelle vostre case e vi uccideremo e mangeremo i vostri cadaveri... Allhu akbar. In un'altra occasione - prosegue l'agente che ha monitorato il comportamento in carcere del tunisino - disse che una volta uscito di prigione sarebbe andato a combattere in Siria». Tanto basta per definirlo un soggetto pericoloso, destinato quindi al rimpatrio.
I PRECEDENTI PENALI
Privo di permesso di soggiorno, entrato in Italia in maniera irregolare dal porto di Lampedusa dopo aver affrontato la traversata del canale di Sicilia con un barcone, Jebali ha collezionato negli anni una lunga serie di precedenti penali per rapine, porto abusivo di armi, detenzione di droga e utilizzo fraudolento di carte di credito.
«L'uomo - spiega l'agente del Nucleo investigativo centrale - non aveva mai avuto un atteggiamento tranquillo. Era polemico, riottoso e arrogante con gli agenti». C'era però anche dell'altro: «Aveva cominciato a intensificare la pratica religiosa - racconta - tanto da diventare un capo carismatico per gli altri detenuti di religione islamica».
Il campanello d'allarme è suonato presto. «Tra i nostri compiti - spiegano i vertici del Nic - c'è anche quello di raccogliere eventuali segnali utili per farci capire se il soggetto si sia radicalizzato e rappresenti dunque un pericolo per la sicurezza». Per quanto riguarda il tunisino, gli elementi sono stati diversi. Un esempio è l'apprezzamento espresso sulla sua pagina Facebook di un video intitolato «macellazione lecita di un cristiano». Gli agenti sospettano che Jebali fosse davvero pronto a combattere in Siria. Per questo, una volta scontata la pena, è scattato il rimpatrio.
LEZIONI AL FIGLIO
Chi lo ha monitorato è convinto anche che avesse fatto anche «lezioni di guerra santa» al figlio, indottrinandolo in vari modi al fondamentalismo islamico. Giovedì l'uomo è stato accompagnato con un volo diretto in Tunisia e ieri sono arrivate anche le reazioni politiche.
«Un plauso alla magistratura per il lavoro d'indagine svolto che ha condotto all'espulsione di un 31enne tunisino che da rapinatore violento si è trasformato in affiliato al jihadismo - scrive il senatore padovano dell'Udc, Antonio De Poli -. E' il risultato fruttuoso del lavoro della Digos di Padova a cui va il nostro grazie. Serve certezza della pena e così è stato. Bisogna lavorare sul fronte della prevenzione e soprattutto bisogna farlo in un'ottica più ampia, in una rete europea, valorizzando il coordinamento delle forze di polizia di tutti i Paesi dell'Europa. L'emergenza del terrorismo ha contorni geografici vasti».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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