Anticorpi monoclonali a Cittadella, così Flavio spera di battere il virus

Giovedì 25 Marzo 2021
Anticorpi monoclonali a Cittadella, così Flavio spera di battere il virus
LE TERAPIE
CITTADELLA Dopo Padova, ora tocca a Cittadella. Sono cominciate ieri mattina le infusioni di anticorpi monoclonali in pazienti Covid positivi, una terapia da poco approvata che imita gli anticorpi naturalmente prodotti dall'organismo riuscendo a prevenire la progressione dell'infezione. I pazienti, reclutati dai medici di base, dalle Usca o dagli operatori di pronto soccorso, vengono indirizzati all'ospedale padovano di via Giustiniani oppure appunto a Cittadella.
Negli ambulatori dedicati alla terapia monoclonale, dopo un triage infermieristico e una valutazione clinica da parte di un medico, comincia l'infusione di anticorpi in una seduta che dura circa un'ora e prevede il monitoraggio costante dei parametri cardiovascolari e della saturazione.
Il primo paziente ad entrare ieri al reparto di Pneumologia è stato Flavio, 66 anni. «Sono contento di poter ricevere questo trattamento, nelle mani di questi bravi dottori e infermieri mi sento al sicuro. La speranza è che la terapia possa essere efficace su di me e mi faccia guarire».
«Finalmente possiamo disporre di un'arma terapeutica ulteriore e importante ha aggiunto la dottoressa Maria Rita Marchi, direttore dell'Unità di Pneumologia di Cittadella in questo caso non riservata ai pazienti positivi ospedalizzati, ma utilizzata per ridurre il numero di ricoveri attenuando la virulenza dell'infezione in soggetti che hanno contratto il virus e potrebbero perciò progredire verso gli esiti più gravi della malattia. Evitando l'aggravamento dell'infezione in atto, sarà più facile continuare a trattare i pazienti a domicilio, per cui con l'uso degli anticorpi monoclonali contiamo di rafforzare l'impostazione terapeutica territoriale».
L'Ulss Euganea ricorda però che non tutti i pazienti Covid-positivi possono essere trattati con gli anticorpi monoclonali. «Destinatari di questa terapia ha precisato la dottoressa Marchi sono i pazienti con più di 65 anni affetti da obesità, diabete o patologie autoimmuni, a patto in quest'ultimo caso che abbiano sospeso il trattamento immunosoppressivo nei sei mesi antecedenti all'infusione di anticorpi monoclonali. Possono ricevere la terapia monoclonale anche i pazienti con più di 55 anni e portatori di patologie cardiovascolari o respiratorie croniche, mentre per i pazienti in età pediatrica sono previsti criteri di eleggibilità e appropriatezza più selettivi. Nello specifico, il ricorso alla terapia con anticorpi monoclonali può avvenire in pazienti di età inferiore ai 17 anni con esiti di paralisi celebrale infantile, oppure portatori di diabete giovanile o di patologie linfoproliferative in fase di stabilità clinica».
«Questa ulteriore terapia rivolta ai pazienti positivi al Coronavirus commenta il direttore sanitario facente funzioni, Piero Realdon nasce dalla collaborazione con i medici di medicina generale e i poli di pronto soccorso, con i quali abbiamo organizzato un sistema di sorveglianza territoriale e ospedaliera per intercettare i pazienti potenzialmente trattabili con gli anticorpi monoclonali. Si tratta infatti di pazienti che è importante individuare precocemente, per poi seguirli con un protocollo preciso e loro dedicato».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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