«A Natale non gettiamo i benefici conquistati»

Sabato 5 Dicembre 2020
ASSISTENZA
PADOVA Da dieci lunghi mesi Annamaria Cattelan lavora a fianco dei medici e dei sanitari del reparto di Malattie infettive per combattere la pandemia. Dal 21 febbraio ad oggi ha dato tutta se stessa per curare centinaia di pazienti positivi al Covid-19, senza concedersi una sosta, cercando al tempo stesso di infondere coraggio al suo team e di organizzare quotidianamente un piano di lavoro. Dal suo vissuto in prima linea nasce un monito, per vivere le Festività con senso di responsabilità verso il prossimo. «Vengono prese misure restrittive perché si conoscono le abitudini degli italiani dichiara la professoressa Cattelan purtroppo i momenti conviviali sono un rischio. Mi rendo conto che sia un dispiacere stare lontani dai familiari e dai propri cari, ma si può fare uno sforzo perché dobbiamo uscirne tutti vincitori. Anche se per quest'anno perdiamo una festa, un cenone, un brindisi in compagnia, non succede nulla. Il rischio è che tutti i benefici che abbiamo acquisito con fatica finora, con il contenimento del contagio, vengano improvvisamente persi».
MISURE
Le ultime misure prevedono Natale e Capodanno blindati dentro i confini comunali e, dal 21 dicembre al 6 gennaio, blocco degli spostamenti tra le Regioni e divieto di raggiungere le seconde case. Disposizioni che hanno suscitato il malumore di molti, ma non di coloro che operano nel mondo della sanità. «La situazione Covid per noi rimane ancora impegnativa continua la professoressa Cattelan -, di buono c'è che nelle ultime ore abbiamo dimesso molti pazienti guariti. Abbiamo liberato dieci letti, ma credo che entro i prossimi due giorni saranno tutti nuovamente occupati». La palazzina di Malattie infettive ha a disposizione 58 posti letto Covid. Il paziente più giovane ha 18 anni e presenta patologie pregresse, il più anziano invece ne ha 90. «Sono stati dieci mesi pesanti sottolinea la responsabile di Malattie infettive durante i quali non abbiamo mai smesso di vedere pazienti Covid. Abbiamo visto tanta sofferenza. La seconda fase è più impegnativa perché seguiamo anche le patologie non Covid. Chi ha altre infezioni ha il diritto di continuare ad essere assistito, ma ciò si traduce in doppio lavoro e doppio impegno. In questo momento, ad esempio, abbiamo in carico un paziente critico con tubercolosi. Facciamo lo sforzo di trattare tutti, cercando il più possibile di spostare l'attività a livello ambulatoriale: a partire dall'iter diagnostico, per finire con le terapie endovenose dei pazienti con Hiv». La stanchezza si fa sentire. «Il personale è stressato da mesi di impegno no-stop, il coronavirus richiede grande attenzione continua -. Nel momento in cui si abbassa la guardia, iniziano i cluster ospedalieri. Ogni operazione deve essere fatta in massima sicurezza, compresa la vestizione e la svestizione. I medici, gli infermieri e gli oss ce la mettono tutta. C'è anche chi si è contagiato. Una collega ha avuto una brutta polmonite, ma appena possibile è tornata a lavoro senza paura e piena di entusiasmo. Ho anche colleghi non più giovanissimi, che non hanno mai posto limiti e si sono sempre resi disponibili». Nelle difficoltà i legami si stringono anche con i pazienti. «La pandemia causa tanta sofferenza, ma è stata un'occasione per creare bei rapporti con i pazienti e i familiari conclude -. L'esperienza del ricovero e dell'isolamento favorisce uno spirito di condivisione e affetto che dura nel tempo».
Elisa Fais
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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