Ue, crollo della fiducia: ora ci crede solo il 22%

Mercoledì 24 Giugno 2020
IL SONDAGGIO
Meno 40 punti percentuali in vent'anni: non serve probabilmente aggiungere altro per illustrare la lontananza che si è creata tra Veneto, Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento e l'Unione Europea. Secondo i dati raccolti da Demos per Il Gazzettino, oggi è poco più di un intervistato su cinque a dichiarare di riporre moltissima o molta fiducia nell'istituzione continentale. Se guardiamo alla serie storica dell'Osservatorio sul Nordest, però, vediamo che nel 2001 lo stesso indicatore raggiungeva il 62%, e da quel momento la discesa è stata costante. Nel 2004, il valore si era fermato sotto la soglia della maggioranza assoluta (48%); nel 2007, non era andato oltre il 42%; tra il 2012 e il 2014 aveva oscillato tra il 32 e il 34%; nel 2017 si era fermato al 27%, fino all'attuale 22%.
I PARTITI
Oltre ad essersi largamente ridotta, la fiducia nell'Unione Europea è divenuta anche un fattore politicamente divisivo. Sono solo gli elettori del Partito Democratico (63%) e coloro che guardano ai partiti minori (61%) a mostrare una riserva di consenso largo, mentre non lontano dalla media dell'area si fermano i reticenti (20%). Al di sotto di questa soglia si collocano i sostenitori di Movimento 5 Stelle (16%) e Forza Italia (15%). I livelli più bassi di fiducia, però, sono rintracciabili tra gli elettori dei due partiti maggiormente euroscettici, Lega e Fratelli d'Italia (entrambi 3%).
L'idea, diffusa, è che l'Unione Europea non sia una risorsa per il Paese ma che anzi, sia divenuta un problema. L'affermazione L'Unione Europea impone all'Italia troppe regole che la penalizzano raccoglie oggi l'adesione del 62% dei nordestini, quota identica a quanto osservato nel 2018.
Anche in questo caso, vediamo come si orientano i diversi elettorati. I più convinti che l'Unione Europea imponga regole che penalizzano il nostro Paese sono, come intuibile, coloro che guardano alla formazione di Salvini (79%). A questi, però, si affiancano, senza differenze sostanziali, i sostenitori di Forza Italia (79%), del M5s (80%) e, qualche punto percentuale più indietro, quelli di FdI (74%). Intorno alla media dell'area, invece, è l'adesione che proviene da chi si mostra incerto o reticente (61%). Sono solo gli elettori del Pd (26%) e coloro che preferiscono i partiti minori (29%) a mostrare un atteggiamento più cauto verso l'idea che l'Unione Europea imponga all'Italia regole che la penalizzano.
La tradizionale fiducia che l'Italia riponeva nell'Unione Europea (e il Nordest non faceva eccezione) si fondava su una diffusa sfiducia in sé stessa. L'altissima aspettativa che veniva riposta nelle istituzioni continentali poggiava infatti sulla convinzione che solo così l'Italia sarebbe riuscita a varare le riforme di cui aveva bisogno. Oggi, al rovescio, si ritiene che le regole europee siano penalizzanti per il Paese. Cruciale, a questo punto, sarà come il Continente affronterà e uscirà dalla crisi innescata dal Covid-19: questo è il terreno su cui la classe dirigente europea si gioca l'intero futuro dell'Unione.
Natascia Porcellato
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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