«Se scendiamo dal treno europeo restiamo a piedi»

Mercoledì 24 Giugno 2020
«A molti conviene additare un colpevole lontano per nascondere tanti sbagli vicini, banalizzando tutto». Così il professor Bruno Barel e docente di Diritto dell'Unione europea all'Università di Padova e socio fondatore dello studio legale BM&A, interpreta il crollo della fiducia a Nordest nelle istituzioni europee, che in due decenni si è ridotta di due terzi. «Da 70 anni in Europa non ci sono guerre spiega . C'è un mercato unico di oltre 400 milioni di persone. La BCE ci sta salvando dalla bancarotta prestandoci miliardi ogni mese. La Ue, nonostante i suoi limiti, resta la nostra àncora di salvezza in un mondo in ebollizione».
Perché l'Italia e questa terra si sentono penalizzate dall'Europa?
«Si chiede alla Ue di risolvere i problemi di casa nostra, a spese di altri cittadini europei, mentre da decenni non riusciamo neppure a usare tutti i finanziamenti europei disponibili. Oggi il Mes ci offre 37 miliardi di prestiti a tassi irrisori e noi, invece, discutiamo del Recovery Fund, che non c'è, illudendoci che arrivi un fiume di denaro a fondo perduto».
Fatta l'Europa bisogna fare gli europei, si è detto da quando c'è la moneta unica: ora però si afferma sempre di più la spinta contraria.
«Si dà per scontato ciò che si è conquistato, chiedendo di più e lamentandosi se non arriva subito. A problemi di dimensione globale è indispensabile cercare risposte sovrannazionali».
La Lega in versione sovranista trascina la diffidenza del centrodestra, condivisa anche dai 5 stelle: l'euroscetticismo potrebbe sfociare in una Ital-exit?
«La farsa, o tragedia, della Brexit ha aperto gli occhi anche ai ciechi: chi scende dal treno va a piedi e non va lontano».
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci