«Regionalismo non significa secessionismo»

Mercoledì 17 Giugno 2020
«Solo l'appartenenza orgogliosa alla propria comunità locale permette di aprirsi agli altri e di conoscere il globale». A sostenerlo è Ulderico Bernardi, scrittore e sociologo trevigiano, professore emerito all'Università di Venezia.
Come interpreta questa forte crescita del legame con la propria regione?
«Appartenere a un ambito territoriale è da sempre una propensione degli uomini a cui corrisponde la spinta all'apertura al mondo. La regione ha ora un primato indiscusso, ma la storia ci insegna che fu così anche per i comuni, quella straordinaria stagione che favorì gli scambi di conoscenze, mestieri, arti e saperi».
Nulla a che fare col secessionismo: per tre su quattro l'unità d'Italia è un fatto positivo.
«Il regionalismo è la negazione dell'indipendentismo. La nostra Costituzione riconosce e valorizza le comunità locali come identità che fanno parte di una nazione e si riconoscono nella partecipazione politica comune».
Una ventina di anni fa è stato riformato il Titolo quinto della Costituzione, ma il federalismo appare un percorso incompiuto.
«In questi giorni celebriamo con un certo orgoglio il cinquantesimo anniversario delle prime elezioni regionali. Da lì per il decentramento è iniziato un cammino che ha attraversato varie tappe, ma c'è ancora molto da fare».
I veneti hanno votato in massa e credono largamente nell'autonomia che il governatore Zaia tratta col governo. L'obiettivo è raggiungibile?
«È una fatica. Se l'Italia vuol essere grande, può esserlo solo nelle sue diversità; che sono un patrimonio. La via maestra è un giusto equilibrio tra le appartenenze locali e lo spirito di condivisione».
Alvise Sperandio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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