Sotto inchiesta i revisori dei bilanci Veneto Banca

Giovedì 21 Giugno 2018
IL CASO
TREVISO «A nostro giudizio il bilancio d'esercizio fornisce una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società». È questa la formula utilizzata dalla PricewaterhouseCoopers per certificare i bilanci. Si tratta della società di revisione contabile americana incaricata di analizzare i conti di Veneto Banca, documentazione che dalla sede di Montebelluna arrivava poi in tutte le filiali della ex Popolare per essere utilizzata come argomento di vendita nei confronti dei clienti a cui si dovevano piazzare le azioni che servivano a ricapitalizzare e mettere in ordine i conti per passare i controlli di Bankitalia e Bce. Rassicurante e autorevole la PricewaterhouseCoopers, peccato che poi Veneto Banca sia saltata per aria, con il valore delle azioni catastroficamente precipitato da 40 euro l'una a 10 centesimi. Qualcosa evidentemente non torna ed è quello su cui ora indaga la Procura di Treviso, che sull'operato della Pwc, o come la chiamano i suoi clienti la Price, ha aperto uno specifico fascicolo di indagine con l'ipotesi di falso in certificazione, per ora a carico di ignoti.
DA CHIARIRE
Da chiarire c'è il ruolo di Pwc nel disastro di Veneto Banca e in particolare nel confezionamento di quei bilanci che sarebbero stati costruiti a tavolino, numeri solo virtuali che dovevano alzare una cortina fumogena sullo stato comatoso non solo nei confronti degli organismi di vigilanza ma anche rispetto a quei clienti a cui si proponeva l'acquisto delle azioni come investimento sicuro di una banca con una solidità a prova di stress test. E invece è finita con un disastro, miliardi di risparmi di famiglie e imprese andati in cenere. È successo a Veneto Banca, a Banca Etruria, a Popolare di Vicenza, a Banca Marche, tutte legate da un fil rouge che porta il nome di PricewatershoueCoopers: quattro Titanic, la stessa società di certificazione, cambiata quando l'agonia era già iniziata solo dalla Popolare di Vicenza. La responsabilità di Pwc sulla vicenda di Veneto Banca era già stata ventilata in passato dalle associazioni che rappresentano gli ex azionisti. O sono degli incapaci, o sono stati conniventi è la tesi. Il dubbio se lo vuole togliere adesso la Procura di Treviso che intende vederci chiaro sulle certificazioni compiute da una struttura che viene considerata una delle grandi quattro del settore a livello mondiale, con un fatturato complessivo da 130 miliardi di dollari all'anno.
TRASPARENZA
Società che dicono di fare della responsabilità aziendale, della trasparenza, dell'etica il loro punto di forza. Poi Veneto Banca viene messa in liquidazione coatta e la magistratura indaga sul falso in bilancio. Possibile che tutto si sfuggito ai certificatori? Prendete il 2017. Al momento della messa in liquidazione amministrativa coatta l'istituto di credito dichiara un patrimonio di vigilanza pari a 1,7 miliardi. Garantisce PriceWaterhouseCooper, ma il sostituto procuratore De Bortoli fa due conti sulla scorta delle perizie depositate quando l'inchiesta per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza era ancora di competenza della Procura di Roma e scopre che in realtà i numeri non tornano, soprattutto sul fronte dell'incidenza dei crediti deteriorati. Risultato: il capitale operativo della banca sarebbe stato in realtà di soli 600 milioni di euro, poca roba per continuare a svolgere attività creditizia. E quindi chiede la dichiarazione dello stato di insolvenza su cui entro luglio si deve esprimere la sezione fallimentare del tribunale di Treviso. L'indagine sulla Pwc chiarirà se i guru americani delle certificazioni di bilancio abbiano o meno avuto un ruolo nelle aggiustatine con cui si sarebbero costruiti ad arte bilanci che avrebbero fatto apparire una banca già finita dentro al burrone come una delle più solide realtà del credito a livello nazionale. Gabbando migliaia di risparmiatori a cui prima vennero fatte acquistare le azioni e che poi, mostrando che il salvataggio era ancora possibile, furono persino convinti all'aumento di capitale. Per gli avvocati delle associazioni degli ex azionisti e obbligazionisti subordinati si tratterebbe del peggior scandalo finanziario nella storia della Repubblica.
Denis Barea
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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