Scene hard in tivù, maxi-multa «A rischio la crescita dei minori»

Lunedì 22 Ottobre 2018
LA SENTENZA
VENEZIA Costano cari alle reti televisive LA8 e LA9 i servizi telefonici con sovrapprezzo a contenuto erotico. Come già il Tar del Lazio, anche il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del gruppo padovano contro l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, confermando con una sentenza recentemente depositata sanzioni complessive per 185.000 euro. La maxi-multa per le immagini hard era stata comminata sulla base di un esposto presentato dall'Associazione italiana radio telespettatori al Corecom del Veneto.
LE CONTESTAZIONI
Sotto accusa erano finiti i messaggi pubblicitari diffusi, in fascia notturna, nei mesi di luglio, ottobre e novembre del 2015, «reputati dall'Agcom ricordano i giudici allusivi di attività relative alla sfera sessuale, in particolare delle protagoniste ed interpreti dei filmati recanti i messaggi stessi, che hanno mostrato il loro corpo in tutto o in parte nudo». Le indagini erano state condotte dal Nucleo speciale per la radiodiffusione e l'editoria della Guardia di finanza e si erano concluse con una sfilza di provvedimenti sanzionatori per le varie scene contestate: prima 55.000 euro, poi altri 10.000, quindi ulteriori 20.000, infine gli ultimi 100.000.
I RICORSI
Sia in primo che in secondo grado, la società LA9 Spa aveva lamentato diverse presunte falle nella procedura seguita per gli addebiti. Per esempio il ritardo nell'emanazione delle ordinanze rispetto ai fatti incriminati, la violazione del principio di immediata contestazione, l'erronea quantificazione delle sanzioni irrogate, ma soprattutto «l'erronea qualificazione delle immagini trasmesse come pornografiche, non avendo l'Autorità tenuto conto dell'evoluzione del comune senso del pudore». Secondo la tesi dell'emittente, le immagini sarebbero «soltanto allusive all'erotismo» e «consuete nell'attuale cinematografia». Già il Tar del Lazio, però, aveva rilevato che le scene «non facevano parte di alcuna trama argomentativa» ed erano trasmesse «senza preclusioni o accorgimenti per la visione da parte d'un pubblico minorenne».
LE MOTIVAZIONI
Come ha argomentato il Consiglio di Stato, infatti, «non si disquisisce dell'evoluzione dei costumi sessuali e del più o meno attenuato impatto della vista di soggetti che, in varia guisa, simulano un rapporto in una trasmissione televisiva», bensì della possibilità che quei video «pregiudichino il percorso di crescita fisica e morale» dei ragazzini. E secondo i giudici amministrativi, quel pericolo c'è, «non solo nel campo sessuale, ma anche in quello della consapevolezza contro acquisti onerosi o incauti».
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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