Poster dei candidati appesi a testa in giù

Sabato 8 Agosto 2020
IL CASO
PADOVA «Faccio politica da trent'anni e so conoscere certi episodi. Questo è un chiaro atto intimidatorio nei miei confronti» assicura Fabrizio Boron. «Mi auguro che invece sia solamente una goliardata, ma in ogni caso è inaccettabile» riflette Arturo Lorenzoni. Intimidazione o gesto goliardico? L'interrogativo rimane, ma da destra a sinistra la condanna è unanime: «Queste cose non devono più accadere». Padova, Piazza dei Frutti, ufficio del consigliere regionale Boron e prossima sede elettorale. Qui ieri mattina una militante ha trovato il manifesto con i volti di Zaia e Boron staccato e riattaccato rovesciato. I due leghisti a testa in giù. «Quando ti mettono a testa in giù - sospira lo stesso Boron - non è mai un bel messaggio».
LA RICOSTRUZIONE
I militanti hanno immediatamente avvisato la questura e ieri mattina una pattuglia è arrivata sul posto per raccogliere i primi elementi sotto gli occhi di molti testimoni. «La vetrofania adesiva è stata staccata e riattaccata - racconta il presidente della commissione regionale Sanità -. Non l'hanno buttata via, non ci hanno scritto niente. Ma ci hanno messi a testa in giù e il messaggio mi pare chiaro». La riflessione di molti militanti padovani è condita di rabbia: «La sede elettorale non è ancora stata inaugurata. Ma se si comincia così, è lunga fino al 20 settembre...».
Boron, fedelissimo del governatore, non crede minimamente all'ipotesi di una semplice goliardata notturna. «Sono trent'anni che faccio politica nella Lega e so riconoscere questi gesti. Mi rammarico ma sorrido, non sono preoccupato. Mio padre e mia madre mi hanno sempre insegnato una cosa: male non fare, paura non avere». I militanti hanno deciso comunque di avvisare la questura. «Era giusto informare la Digos - spiega Boron -, è bene che sappiano che lì c'è la sede di un consigliere regionale che è anche il presidente della commissione Sanità. È bene che vengano prese eventuali accortezze e ci siano controlli».
Nessuna denuncia, però: «Fare denuncia contro ignoti non ha senso - allarga le braccia Boron - perché vorrebbe dire solamente riempire ulteriormente questura e tribunali di carte». Le numerose telecamere di videosorveglianza installate nel cuore di Padova, però, potrebbero in ogni caso portare all'identificazione del responsabile.
LE REAZIONI
«Piena solidarietà a Fabrizio Boron» arriva da un altro volto noto della Lega come l'assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato. «Non so se sia un'intimidazione o una goliardata ma in ogni caso non va per niente bene. Se è un atto intimidatorio allora ci troviamo di fronte ad un atto vigliacco e schifoso che però non ci impaurisce affatto - osserva Marcato - Se invece è stata una goliardata, è bene che questi simpaticoni si facciano un ripasso di storia».
Ferma condanna ma toni ben diversi nel centrosinistra. «Penso che sia più una goliardata di cattivo gusto che non una vera e propria intimidazione - riflette il candidato governatore Arturo Lorenzoni - ma in ogni caso è un gesto che va assolutamente deprecato. Il rispetto per la persona ci deve essere a prescindere da tutto il resto. Non esistono motivazioni politiche che giustifichino gli attacchi alle persone». Sulla stessa linea Alessandro Bisato, sindaco della vicina Noventa Padovana ma soprattutto candidato consigliere e segretario regionale del Pd. «Condanno questo gesto che comunque mi sembra più legato ad un eccesso della movida notturna che non alla politica. In ogni caso non va bene: ognuno dev'essere libero di manifestare il proprio credo».
IL PRECEDENTE
Domenica 22 settembre 2019 lo stesso consigliere Boron era stato protagonista di un altro spiacevole episodio sempre in piazza dei Frutti. Una trentanovenne cameriera padovana era stata filmata mentre gli sputava addosso urlando «Questi sono i fascisti di Padova, questi sono quelli che odiano gli ebrei, quelli che stanno rovinando questo Paese». La donna fu accompagnata in questura per la notifica di un avviso orale, mentre Boron ora fa sapere di non aver più voluto procedere con la denuncia: «Mi aveva fatto compassione più che rabbia».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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