Mose, il Consorzio si spacca: via Chiarotto

Domenica 18 Novembre 2018
IL CASO
VENEZIA È una lettera che rischia di essere la pietra tombale sul Consorzio Venezia Nuova, l'ente concessionario della costruzione del Mose. «La scrivente società consortile Venezia Lavori Co.Ve.La. S.c.a.r.l., detentrice del 25,44 per cento del fondo consortile, comunica formalmente il proprio recesso per giusta causa dal Consorzio Venezia Nuova e chiede di vedersi liquidare senza ulteriore indugio le ingenti somme delle quali è creditrice nei confronti del Consorzio Venezia Nuova, comprensive di interessi e di rivalutazione monetaria». Non basta. «Chiede fin d'ora agli Amministratori Straordinari e, in solido con gli stessi al Prefetto pro-tempore di Roma e al Ministero dell'Interno, di essere risarcita dei danni derivanti dall'infedele comportamento degli Amministratori del Consorzio Venezia Nuova».
LA LETTERA
La lettera di recesso dal Consorzio è firmata da Romeo Chiarotto, il patron della Mantovani in quanto presidente anche della Consortile Venezia Lavori. Ed è una lettera che arriva all'indomani della richiesta di concordato da parte della Mantovani. Insomma, non solo le tre grandi aziende del Consorzio e cioè Mantovani, Condotte e Grandi lavori Fincosit sono in procedura concorsuale, ma adesso arriva pure l'addio al Consorzio della Consortile Venezia Lavori. Dunque, di fatto il Consorzio non esiste più e par di capire che non ci siano più speranze di composizione delle liti tra aziende consorziate e Consorzio visto che Chiarotto passa direttamente a chiedere il pagamento dei lavori effettuati circa 50 milioni di euro- e i danni che ad oggi non sono quantificabili, ma sicuramente nell'ordine delle centinaia di milioni. Ed è chiaro che a questo punto si apre uno scenario del tutto nuovo che non permette di fare previsioni sul quel che succederà al Mose. Certo, appare sempre più improbabile che si riesca ad arrivare alla fine dei lavori di costruzione delle dighe mobili nei tempi previsti, anche se si è ad un passo dalla fine, con un Consorzio privato delle sue capacità patrimoniali e in gran parte tecniche e quindi non in grado di assumersi responsabilità sull'esito dell'opera. Ma sulla base di quali motivazioni Romeo Chiarotto esce dal Consorzio e chiede i danni? In sostanza la Consortile Venezia Lavori accusa i Commissari straordinari di essere andati oltre il mandato ricevuto a suo tempo dal Prefetto di Roma, che li aveva nominati all'indomani dello scandalo Mose, creando così un danno ingiusto, grave, progressivo ed irreparabile.
LE ACCUSE
Le accuse di Chiarotto sono riassunte in sette passaggi della lettera. La sostanza è che i Commissari straordinari ora solo Francesco Ossola e Giuseppe Fiengo, fino ad un anno fa anche Luigi Magistro - non avevano alcun diritto di far eseguire lavori a ditte che non erano del Consorzio visto che, tra l'altro, a queste ditte esterne sono stati riconosciuti «importi maggiori di quelli riconosciuti dal Committente per le medesime opere imputando tali maggiori costi al bilancio del Consorzio e cioè dei consorziati». I Commissari inoltre si sono improvvisati tecnici mentre, stando al Provvedimento di nomina del prefetto di Roma, non avrebbero affatto dovuto assumere in proprio «posizioni di gestione tecnica» ovvero non avevano alcun diritto di intromettersi, di fatto, nella costruzione del Mose. In più il comportamento dei Commissari straordinari «si è sostanzialmente tradotto nel mancato pagamento dei lavori eseguiti» ma quel che è peggio «nell'utilizzo di somme maturate per lavori dalle imprese esecutrici per il pagamento di spese correnti del Consorzio». Che, tra parentesi, non sarebbe stato dimensionato «in ragione dell'effettiva attività», ma par di capire, sovradimensionato. Infine, i Commissari avrebbero anche gestito in modo strumentale la società Comar «al fine di occultare le perdite di gestione e poter ribaltarle sui soci della società». Per tutti questi motivi, scrive Chiarotto, la Consortile Venezia Lavori «comunica formalmente ai sensi del secondo comma dell'art. 2285 del Codice civile il proprio recesso per giusta causa dal Consorzio Venezia Nuova».
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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