LA RICERCA
VENEZIA Il ruolo dei Comuni italiani deve cambiare. Il front-office

Sabato 24 Ottobre 2020
LA RICERCA
VENEZIA Il ruolo dei Comuni italiani deve cambiare. Il front-office dello Stato verso i cittadini, come l'ha battezzato Stefano Campostrini, docente di Ca' Foscari e curatore del Rapporto Ca' Foscari sui Comuni 2020, deve sposare il privato, incentivando la sostenibilità e diventando un punto centrali nelle reti. Ieri sui canali social del Mef (Ministero dell'economia e delle finanze) il viceministro Laura Castelli, assieme al ministro della pubblica istruzione Fabiana Dadone, al sottosegretario al ministero degli interni Achille Variati, al presidente dell'Anci (Associazione nazionale Comuni) Antonio Decaro, al presidente Upi (Unione province italiane) Michele de Pascale e al presidente della Camera Roberto Fico, ha ascoltato le proposte dell'ateneo veneziano. Il dibattito, moderato dal giornalista de Il Messaggero Andrea Bassi, ha visto protagoniste le riflessioni di Biagio Mazzotta (Ragioniere generale dello Stato), Stefano Campostrini, Marcello Degni (Consigliere della Corte dei Conti), Andrea Ferri (Responsabile Finanza locale Anci/Ifel) e Rinieri Ferone (Capo dell'Ufficio Legislativo del Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie).
IL TEMA
Al centro del dibattito c'è stata la semplificazione burocratica, necessaria per snellire le procedure dei Comuni all'interno dello Stato. Infatti, dal Rapporto emerge una situazione di pesante crisi (dati relativi al 2019) con ben 81 Comuni in situazione finanziaria critica. Poco meno della metà, 34, hanno dichiarato il dissesto, mentre 47 hanno richiesto la procedura di riequilibrio. Gli effetti del dissesto ricadono sulle teste di oltre un milione di abitanti, con un dato in aumento di sei Comuni rispetto al 2018. A sfatare il luogo comune che queste cose accadano solo al Sud (Campania, Calabria e Sicilia in primis), non mancano esempi eclatanti anche al Nord, soprattutto in Lombardia e Piemonte (Alessandria). Se per quel che riguarda il Veneto non ci sono casi di criticità, questo per la ricerca non significa che tutto vada per il meglio. Il dito puntato è contro la carenza di personale, con un rapporto dipendenti-cittadini tra i più bassi del Paese (cinque ogni mille abitanti). Il Veneto potrebbe fare meglio anche sul fronte educativo, dato che i servizi per l'infanzia sotto ai tre anni non sono ai primi posti (28 posti offerti ogni cento, comunque sopra alla media italiana di 25, ma dietro a Umbria ed Emilia Romagna). Rimane quindi fondamentale una revisione dei finanziamenti ai Comuni, secondo la ricerca cafoscarina, invertendo una tendenza di tagli.
IL FATTORE ETÀ
E per sostenere questo c'è l'esigenza di una revisione delle leggi, come spiega Campostrini: «È necessaria una modifica normativa, perché lo stato attuale è vecchio. Soprattutto sulla norma dei dissesti, che era pensata per poche realtà, invece con la grande crisi, da evento eccezionale è diventato normale. Oltre a questo c'è bisogno di più personale e più giovane, perché l'età media è di oltre 50 anni, ma servono figure in grado di progettare e seguire la possibilità di gestire fondi europei, con capacità digitali diverse». L'Italia è un Paese di vecchi, quindi, che deve cercare, attraverso una revisione dei Comuni, di svecchiarsi e digitalizzarsi per prepararsi alle prossime sfide con una preparazione adeguata. Per questo la proposta fatta attraverso il Rapporto, è quella di rivedere il Titolo VIII del Tuel (Testo unico degli enti locali), che comprenda una «Robusta attività di monitoraggio annuale e incardinata nel ciclo di bilancio». Non manca, nell'analisi, la necessità di focalizzarsi su una collaborazione tra pubblico e privato che leghi i Comuni al mondo dell'associazionismo e delle associazioni di categorie. Questo per far sì che si giunga ad una sorta di regia in cui l'istituzione raccolga le istanze cittadine per favorire uno sviluppo sostenibile locale. Ad esempio, si rende necessaria una svolta green sulla mobilità, che favorisca anche la realizzazione del privato in ottica win-win, cioè che garantisca benessere ai cittadini, ma anche il giusto profitto all'impresa. «Dopo tre anni che produciamo questi rapporti ci siamo resi conto che questi sono diventati un punto di riferimento impattante. Trovo positivo che in questo momento la politica si sia fermata per ascoltare i tecnici, che non solo presentavano numeri, ma che facevano riflessioni e indicavano possibili vie di sviluppo. Credo che questo sia il giusto rapporto tra politica e mondo tecnico, ma anche il giusto ruolo della terza missione dell'università», ha commentato Campostrini.
Tomaso Borzomì
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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