LA RELAZIONE
VENEZIA Proprio nei giorni dello stallo sul bilancio 2019, la Corte

Martedì 4 Agosto 2020
LA RELAZIONE
VENEZIA Proprio nei giorni dello stallo sul bilancio 2019, la Corte dei Conti ha pubblicato la relazione sulla gestione finanziaria 2018 dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale. E nel referto inviato al Parlamento, la Sezione del controllo sugli enti «esprime perplessità» sulla revisione economica del project financing di Fusina, cioè per l'appunto del nodo attorno a cui si sono avviluppate le riserve dei rappresentanti della Regione Veneto e della Città Metropolitana di Venezia. Secondo i magistrati contabili, l'Adspmas avrebbe dovuto cercare una soluzione alternativa «con altri soggetti», prima di impegnare altri 9 milioni a favore della Venice Ro-Port MoS.
L'INTERVENTO
Quest'ultima società, parte del gruppo Mantovani, è la concessionaria dell'intervento di riordino e riassetto dell'area ex Alumix-Sava-Fusina, nella zona industriale di Marghera, attraverso la realizzazione di un terminal destinato al traffico Ro-Ro (camion e rimorchi) e Ro-Pax (camion, rimorchi, passeggeri e auto). Come rileva la stessa Corte, lo scalo «è stato solo parzialmente avviato nell'estate 2014, senza tuttavia ancora raggiungere piena operatività a causa dei ritardi nel completamento degli interventi infrastrutturali previsti». Per questo l'Autorità «ha più volte diffidato la società all'adempimento delle obbligazioni assunte (canone+investimenti)», ma la concessionaria ha chiamato in causa «una serie di eventi destabilizzanti tali da richiedere una seconda revisione del Piano economico finanziario».
LA SVOLTA
Dopo le contestazioni di inadempienza, però, c'è stata un'inaspettata svolta: «L'Autorità ha sottoscritto gli atti aggiuntivi all'accordo concessorio originario, dimostrando implicitamente di convenire con le ragioni addotte dalla concessionaria a giustificazione del mancato rispetto delle obbligazioni assunte». Il nuovo Pef, sottoscritto due anni fa, «è stato redatto sulla base di nuove ipotesi favorevoli al concessionario», quali il riconoscimento del contributo di 9 milioni, il ridimensionamento dell'investimento e degli interventi, la rimodulazione del canone di concessione, il differimento dei termini di pagamento e la rateizzazione dei cannoni demaniali scaduti, l'allungamento del periodo di concessione quarantennale dal 2052 al 2062.
LA PROROGA
L'ente ha così rinunciato «a molte delle prestazioni inizialmente previste in nome dell'esigenza di continuità dei servizi di interesse pubblico generale», spiegando di aver rivisto le condizioni economiche per «evitare la revoca dei contributi comunitari aggiuntivi» e per «ottenere la proroga del termine di consegna dei lavori dal 31 dicembre 2018 al 31 marzo 2020». Al riguardo, tuttavia, i magistrati contabili rimarcano che le proroghe devono essere un «rimedio eccezionale» ed esprimono «perplessità» sulla «gestione negoziale delle criticità» esclusivamente attraverso i cosiddetti atti «di proroga» con il concessionario, «ma che di fatto hanno portato a cambiamenti sostanziali negli iniziali equilibri contrattuali e senza che si sia data evidenza di una previa valutazione di modalità di realizzazione alternative con altri soggetti, individuabili tramite specifico e nuovo bando di gara».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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